Didattica 1

Vercelli antica

Bibliografia generale di antichistica vercellese

Tipologia dei laterizi di epoca romana

Glossario

Didattica 2

Tipologia delle forme vascolari di epoca romana

Tipologia delle sepolture ad incinerazione

Tipologia delle sepolture ad inumazione

Le parti della lucerna

Tipologia delle anfore di epoca romana

 

 

 

Vercelli antica

 

Le fonti storiche
La nostra città fa la sua prima comparsa nelle fonti storiche in una lettera scritta da Bruto a Cicerone, databile al 43 a.C. (Ad Fam. XI-19,2). Bruto è incaricato di reclutare truppe in Cisalpina e, nel suo viaggio, fa tappa a Tortona, Vercelli ed Ivrea.
Ivrea era stata fondata come colonia dai Romani pochi decenni prima (100 a. C.), ma Vercelli esisteva già da molto tempo come città-stato e centro protourbano fondato da popolazioni liguri poco prima che l'etnia celtica, giunta dalla Gallia nel IV secolo, vi si stanziasse sovrapponendosi e mescolandosi alla precedente.
Vercellae Libicorum ex Salluis horte, (NH, III, 24) :Vercelli città dei Libui fondata dai Salii, come riporta il noto passo di Plinio.
Le notizie riferibili a questo periodo sono molto scarse e i dati storici devono essere integrati dai pochi dati archeologici per avere un quadro approssimativo e indicativo del centro prima della romanizzazione.
Per romanizzazione si intende il processo di integrazione delle popolazioni libere nel mondo romano, dal quale dovevano ricevere nuove leggi, riti e costumi che, spesso, non cancellavano del tutto le antiche usanze e le tradizioni religiose locali, semplicemente vi si sovrapponevano eliminando o adattando ciò che era in contrasto con le leggi e gli usi di Roma.
I rapporti di Roma con le singole numerose tribù e città-stato italiche erano regolati dal Senato e da specifici trattati che determinavano la condizione delle popolazioni, a seconda dei casi e del tipo di rapporto avuto da esse nell'incontro con gli interessi di Roma. In particolare si distinguono poplazioni dediticie e foederate. Le prime, battute militarmente, avevano accettato la resa e le condizioni imposte dal Senato, che si riservava la proprietà del territorio e dei vinti; le seconde avevano avuto un antico rapporto di alleanza e di pace con Roma ed erano considerate dai Romani come alleate (dovevano quindi fornire aiuto all'esercito e, in cambio del conrollo politico, avevano diritto all'assistenza militare romana) e quindi erano federate allo stato romano.
Tali popolazioni conservavano la proprietà dei loro territori e il diritto di governarsi, entro certi limiti, autonomamente. Questo, si ritiene, sia il caso dei Salii, dei Libui, degli Ictimuli e di Vercellae, in grazia, probabilmente, di un patto di antica data. Non avvengono qui, infatti, espropri di terre. A Vercelli i Romani, nella loro avanzata in Transpadana, non fanno centuriazioni con espropri e ridistribuzioni di terre; nelle aree dei Salassi o ad Ivrea, abbiamo, invece, espropri di terre, centuriazioni, assegnazioni a coloni.
Nel 49 a. C. venne concessa da Cesare la cittadinanza romana ai Cisalpini, e Vercelli si avviò a diventare un municipium, perfettamente integrato nel mondo romano e nell'Impero.
 
Le fonti archeologiche
L'iscrizione, bilingue (leponzia e latina), esposta al Leone, ed a suo tempo ospitata alla mostra dei Celti a Venezia, si può leggere nel seguente modo: "confine del campo che ha donato Acisio Argantocomatereco, comune agli dei e agli uomini, così come quattro pietre l'hanno definito". Una tipica area sacra gallica definita da quattro lati, donata da un privato, che ha una carica tipicamente gallica.
Argantocomatereco è il misuratore dell'argento, dove argento, come in francese, ha valore di denaro o di metallo prezioso in genere, equivalente quindi di un magistrato monetale oppure, addirittura, equivalente di ponderario, di colui che conserva i pesi.
La datazione di quest'epigrafe, determinata dal fatto che in essa viene citata una magistratura non romana, non può essere posteriore al 49 a. C., anno di concessione a tutti i Transpadani della cittadinanza romana, e si dovrebbe collocare nel primo quarto del I secolo a. C.
Il luogo di provenienza dell'epigrafe non è noto. Fu trovata in riva sinistra della Sesia presso la provinciale per Novara, e alcune tracce di calce recente fanno pensare che provenga da una demolizione in città, dalla quale pare che sia stata trasportata oltre Sesia. Qualunque sia stata la ragione del trasporto è estremamente improbabile che l'area sacra si trovasse presso il luogo di ritrovamento. Reperti anteriori all'età romana molto raramente vengono in luce in città. Recentemente si è avuta un'occasione fortunata in un cantiere di corso Libertà, limitato e molto piccolo, che ha restituito una concentrazione di fosse per la decantazione dell'argilla. Probabilmente nelle vicinanze era presente una fornace che, sulla base dei ritrovamenti, può essere datata al primo quarto del I sec. a. C. L'attività di escavazione per l'argilla ha coinvolto materiali più antichi che ha mescolato negli scarti di riempimento delle fosse di decantazione. Perciò nelle fosse era presente una notevole concentrazione di materiale eterogeneo (diverse centinaia di frammenti di ceramica a vernice nera e ceramica di impasto pre romano e resti di incannicciato, databili dal III sec a. C. agli inizi del I sec. a. C.). è il primo caso di ritrovamenti così antichi a Vercelli, forse dovuto al fatto che la zona risulta leggermente rialzata e ha potuto conservare resti più antichi. In particolare è stato ritrovato un bracere rettangolare, forse databile alle prime fasi della romanizzazione, con caratteristiche però tipiche ancora del Golasecchiano. Lo scavo di corso Libertà è immediatamente adiacente al più importante e sfortunato ritrovamento protostorico di Vercelli. Nel 1970, in via Nigra, in uno scavo di cantiere fatto per l'approfondimento del cortile di un edificio, venne alla luce una necropoli a pozzetti con tombe di cui fu salvata una piccolissima parte. Le tombe non furono distrutte ma saccheggiate, ed i corredi in parte sono forse ancora in possesso di alcuni privati. Solo pochi oggetti sono giunti al Museo C. Leone, e sono attualmente in corso di studio.
L'interesse particolare di questa zona necropolare dell'età del Ferro è dovuto al fatto che essa si trova nel pieno centro cittadino di quella che sarà la Vercelli romana, e non può che riferirsi ad un abitato poco distante, così come i materiali venuti in luce in corso Libertà. Come la città romana si sia sviluppata inglobando l'antico centro, o più di un antico nucleo abitato dell' età del Ferro, è uno dei più interessanti problemi dell'archeologia locale. Alcuni recenti indizi portano a datare l'esistenza di un centro protourbano a Vercelli già nel V sec. a. C. Vercelli sarebbe quindi la città più antica del Piemonte (*).
 
La città romana
Lo sviluppo della città romana ha inizio in epoca augustea e continua nell'epoca imperiale. Alcuni segni di decadenza si manifestano precocemente in età Adrianea e preludono ad una sostanziale ricostruzione, almeno di vari quartieri, nel IV secolo d. C ., con assi di orientamento leggermente diverso dai precedenti. I motivi della ricostruzione restano oscuri e possiamo ritenere comunque che la città conosca il periodo di maggiore floridezza fra I e II sec. d. C., con una ripresa ed una risistemazione urbanistica fra IV e V secolo. Come centro urbano Vercelli, pur attraversando periodi di crisi, prosegue una vita ininterrotta dall' età del Ferro ad oggi. I vari periodi costruttivi, il reimpiego continuo dei materiali, hanno provocato la totale cancellazione dei resti di epoca romana che si conservano solo nel sottosuolo, il cui livello si è continuamente innalzato, sia per le ricostruzioni stesse che per le numerose alluvioni del Cervo e della Sesia. L'immagine della città romana non è quindi affatto chiara, anche se sono stati numerosissimi i ritrovamenti, di cui si hanno memorie sin dal XVI secolo (*).
La ricostruzione metodica della città romana è iniziata da poco, ed i primi risultati concreti si faranno attendere ancora per molti anni.
L'estensione del centro romano è segnata dalla presenza delle zone necropolari che fiancheggiavano le strade in uscita dalla città e dai resti di edifici urbani venuti alla luce nel corso degli anni. Si trattava certo di una grossa città (15.000-20.000 abitanti, tenuto conto della superficie occupata), nata dalla popolazione locale e dai molti apporti di popolazioni italiche, che vi confluirono insieme a interessi militari, economici e produttivi. La città era il centro di un vasto territorio, molto fertile, ricco anche di risorse minerarie, situato lungo la via per le Gallie, che fu per molto tempo l'arteria più importante per i traffici d'oltralpe. Nei primi due secoli di vita Vercelli fu dunque una città favorita da una splendida posizione geografica, non lontana dal Po, altra via di intenso traffico commerciale fluviale, e dai passi alpini occidentali del San Bernardo. Possiamo dunque ritenere che accanto alle popolazioni locali e agli antichi maggiorenti,velocemente romanizzati e divenuti grossi proprietari terrieri, si siano stanziate famiglie borghesi di commercianti, banchieri, artigiani, trasportatori e corrieri, allevatori e costruttori, che certamente portarono con sé schiavi e clienti provenienti da altre città del Nord, da Roma e dal resto dell'Impero.
 
Agricoltura
Intorno alla città, oltre alle necropoli si sviluppavano, come normalmente accade in quel periodo, orti e frutteti destinati al rifornimento del mercato cittadino, in un paesaggio cosparso di casali, tettoie, depositi e ville. Più oltre erano i fondi agricoli, dei quali ci restano i toponimi prediali latini, (derivati dal nome del proprietario o dell'affittuario nella tarda antichità): Asigliano (fundus Acilianus) Desana (fundus Decianus). A ricordare la direzione delle strade abbiamo i toponimi di Quinto (Ad Quintum miliarium) e della cascina Settime (Ad Septimum miliarium). L'agricoltura nel Vercellese non ebbe però il carattere tipico dell'organizzazione italica, basata sulla villa schiavistica e sul latifondo. Non sono infatti venute in luce strutture di epoca romana riferibili con sicurezza a grandi ville padronali o rustiche, piuttosto sono emersi dati circa la presenza di abitati sparsi di tradizione celtica e, solo in qualche caso, resti di edifici di tipo rurale, costruiti con impianto tipicamente romano, ma di non grande dimensione.
L'agricoltura locale dovrebbe quindi essersi basata, nei primi secoli della romanizzazione, su una piccola proprietà estensiva, sulle comunità autoctone, e forse solo successivamente, su impianti di maggiore dimensione creati con l'acquisto e accorpamento di terreni o con la messa a coltura di terreni improduttivi. Era comunque in grado il territorio non solo di provvedere di grano e bestiame la città, ma anche certamente di esportare derrate alimentari, pellami, lana, canapa, lino, legname. Non va dimenticata infatti la forte presenza del bosco e del suo sfruttamento per la caccia e la raccolta. Il legname serviva per le costruzioni e per produrre moltissimi oggetti d'uso quotidiano: dalla tavoletta per scrivere al vasellame ligneo. Boschi sacri ad Apollo ed un santuario dedicato alla divinità sembrano riecheggiati da un verso di Marziale (Epigr. X,12) in cui Vercelli è definita Apollinea, cioé città sacra ad Apollo. L'allevamento più diffuso, oltre ai bovini e caprovini, era certamente quello del maiale, tipico della Gallia Cisalpina. Farro e miglio erano i cereali più coltivati allora. La vite venne rapidamente introdotta dai Romani e si presume che alcuni vitigni del Gattinarese e dell'alto Novarese derivino direttamente da ceppi di epoca romana. Un notevole benessere nei centri agricoli, è attestato da ritrovamenti di oggetti di pregio (vetri e ceramiche) e da tesoretti monetali.
 
Risorse minerarie
Le aurifodinae, miniere d'oro a cielo aperto citate da Plinio il Vecchio, si trovavano nell'ager Vercellensis ed erano sfruttate dagli Ictimuli (tribù forse di origine ligure il cui territorio faceva parte dell'ager della città-stato preromana) cui si contrapponevano i confinanti Salassi, sconfitti militarmente da Roma (che nel loro territorio fondò Ivrea e Aosta), poi dai Romani, che vi impiegarono migliaia di lavoratori sino all'abbandono dovuto alla scoperta di miniere più ricche in Spagna. Anche i letti dei fiumi Dora, Cervo e Sesia erano ricchi di sabbie aurifere che furono sfruttate dai Romani e, successivamente, ancora nel Medioevo ed oltre. Miniere di ferro erano presenti a Postua e nei pressi di Borgosesia. La pietra adatta alla lavorazione al tornio (pietra ollare) era presente sulle pendici del Monte Rosa e, con ogni probabilità, anche tali giacimenti furono sfruttati in epoca romana. Abbondante, inoltre, in quasi tutto il Vercellese l'argilla per la fabbricazione di laterizi e terrecotte.
 
Industria e artigianato
Sappiamo molto poco sulle arti e sui mestieri a Vercelli, sono infatti carenti le fonti epigrafiche che fanno riferimento alle corporazioni o ai singoli artigiani. La lavorazione del ferro, per armi ed utensili, è molto diffusa nel Medioevo, quando una via della città è chiamata rua ferraria, molto diffusa anche la lavorazione del pellame, attestata dalla rua calegaria. Un M. Clodius Maxumus, calzolaio, (caligarius) ed il suo liberto Quadratus sono raffigurati insieme in una stele funeraria ora al Leone. Dovettero tali artigiani aver raggiunto una notevole prosperità se Clodio si poté permettere con il proprio testamento un monumento funerario in cui è raffigurato con il fedele liberto (schiavo manomesso). Possiamo quindi credere che le attività artigianali fossero molto importanti anche in epoca romana, in particolare la produzione corrente del vasellame di terracotta, essenziale alle necessità quotidiane. Uno stampo per lucerne fu rinvenuto a Vercelli presso la chiesa di San Vittore ed è tuttora conservato al Museo Leone. Esso costituisce l'unico documento, insieme con una forma per terra sigillata, dell' importante attività delle figulinae, officine di produzione ceramica, certamente assai diffuse nella città romana per la produzione di recipienti destinati alla mensa, alla cucina, alla conservazione delle derrate, all'illuminazione, al trasporto. Altro materiale abbondante a Vercelli, come sottoprodotto dell'allevamento, fu certo il corno e l'osso, dal quale si ricavavano arnesi, spille, pettini, bottoni, dadi, aghi ed aghi crinali, ornamenti per i mobili e per le vesti. Impensabile che si importassero questi oggetti, che dovevano essere prodotti in grande quantità per il territorio e forse anche per il commercio esterno. Tracce di queste interessanti produzioni sono emerse nello scavo dell'ex monastero della Visitazione.
 
Il commercio
La maggiore risorsa della città, nei primi secoli di vita, fu indubbiamente il commercio. Succursali di mercanti e spedizionieri, di banchieri e di piccole aziende manifatturiere, furono certamente il nerbo dell'economia vercellese di epoca romana. L'intenso traffico di merci è attestato dalla notevolissima presenza di anfore delle più svariate provenienze, contenitori da trasporto per liquidi e derrate alimentari che dovevano confluire qui dalla Liguria e dall'Adriatico, per i consumi locali e per essere avviate ai mercati d'oltralpe con prodotti di pregio richiesti dalle genti della Gallia e dai militari che vi prestavano servizio. Vino meridionale e greco, olive (dolci e salate), conserve di frutta, garum (la famosa salsa a base di pesce indispensabile alla cucina romana) ed olio, erano le derrate che più si prestavano al trasporto in anfora e ai lauti guadagni dell'intermediazione su di un percorso, quello dei passi alpini, forse in vari periodi dell'anno più breve e conveniente rispetto alla via della Provenza o del Brennero.Viaggiavano anche oggetti di pregio come vetri, ambra, tessuti, argenti di produzione italica, a dorso di mulo, su carri e lungo vie d'acqua.
Vercelli, municipium romano, abitato da una classe di ricchi borghesi, di artigiani, di propritari terrieri, di militari, dovette anche importare, per le costruzioni e per i consumi voluttuari, una notevole quantità di derrate, di materiali, di schiavi. La via più economica per i trasporti di materie prime fu certo il Po e non a caso troviamo commercianti vercellesi stanziati ad Aquileia. Marmo greco e lunense doveva ornare case, monumenti municipali e funebri, e doveva esservi trasportato, in diversi gradi di lavorazione, dalla Liguria o dall'Adriatico. Purtroppo l'uso medievale di cuocere i marmi antichi per produrre preziosa calce dovette essere diffuso anche da noi, ma i pochi resti pervenutici bastano a fare immaginare quanto possa essere andato distrutto. Piombo in grande quantità era richiesto per le condutture d'acqua che attraversavano la città, che dovette avere più di un plumbarium, se Lucio Giulio Severo ritenne necessario marcare le proprie opere. Il bronzo serviva per utensili ed ornamenti, per chiavi e serrature, per iscrizioni, e doveva essere molto lavorato da artigiani locali, e quindi, importato in pani che viaggiavano sul mare, nelle stive della navi, e certamente giungevano, lungo il Po, sino a Vercelli. Banchetti ricchi di vivande esotiche sono rievocati dalla Lex tappula, scherzosa legge conviviale di una società di buongustai, il cui testo frammentario, inciso su lamina di bronzo, è pervenuto sino a noi, datato ad epoca repubblicana. Una città ricca ed evoluta, inserita nel grande sistema economico e commerciale dell'Impero, forse con alcune caratteristiche ancora della sua origine celto-ligure nei costumi, nel folklore, nelle credenze popolari. La ricchezza delle famiglie residenti è documentata, oltre che dai monumenti e dai corredi funerari ed epigrafici pervenutici, dalla vastità e bellezza del complesso della domus urbana, detta di S. Stefano, non ancora esplorata nella sua interezza e che si suppone si sviluppasse su di un'area di più di ottocento metri quadrati. Templi ed edifici pubblici, dei quali non abbiamo che qualche sporadica traccia, dovettero essere di notevole dimensione e riccamente ornati. I frammenti di statuaria bronzea riferibili a complessi scultorei di dimensioni superiori al naturale, ci fanno pensare ad edifici grandiosi, sui quali potevano essere collocati.
 
La città fra Antichità e Medioevo
L'importanza di Vercelli nel mondo romano e nella Cisalpina, si mantenne poi, anche attraverso i momenti di crisi dei quali si è accennato, nella tarda antichità. Non a caso la città venne scelta da Eusebio per fondarvi una delle più antiche ed importanti diocesi piemontesi. Doveva trattarsi del centro di maggiore rilevanza della zona Nord-occidentale in quell'epoca di transizione fra Antichità e Medioevo, secondo solo a Milano e Pavia. La ricca messe di epigrafi di epoca cristiana, pervenute e recentemente accresciuta da nuovi trovamenti, è eloquente testimonianza di una città ancora vivace. Tuttavia proprio le aree necropolari dei primi cristiani, alquanto arretrate rispetto alle zone cimiteriali più antiche, segnalano un inevitabile restringimento del perimetro urbano e un calo demografico che viene confermato dall'abbandono o dal riutilizzo di molte delle antiche dimore borghesi.
Ancora nel X secolo in un'omelia il vescovo Attone ricorda e condanna la diffusa usanza nelle campagne vercellesi dei riti naturalistici connessi all'albero sacro, rivelandoci come il nocciolo della religione celtica fosse sorprendentemente pervenuto, in gran parte intatto, alle soglie del Medioevo.
La storia della città e del suo territorio, in quanto patrimonio specifico di una microstoria locale, è quindi solo apparentemente minore. La sua specificità, insieme a quella di migliaia di altre particolari realtà, confluisce alla formazione del quadro complessivo.
La sua conoscenza contribuisce alla nostra collocazione cosciente nel presente, con tutta la ricchezza del nostro particolare retaggio.
[g.s.]

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Bibliografia

 

(Aggiornata al 1999)

 
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Giovanni Sommo, Carte Bruzza dell'archivio generale dei PP. Barnabiti: ritrovamenti e notizie di archeologia locale nelle corrispondenze di Sereno Caccianotti e di Edoardo Mella, in BSV, anno 1990, n. 1, pp. 113-160
Giovanni Sommo, Il Territorio. Insediamenti di epoca romana, percorsi, pievi e luoghi fortificati lungo la riva destra della Sesia. Il caso di Rado, in "Castrum Radi. Studi e ricerche sulla struttura materiale di un castello di pianura dell'alto Vercellese", Vercelli 1990, pp.1-25.
Giovanni Sommo, Un precursore: il R. P. Luigi Bruzza, in "Les archéologues et l'archéologie. Colloque de Bourg-en-Bresse (Archives) 25, 26 et 27 septembre 1992", Centre de recherches A. Piganiol, Tours 1993, pp. 318-341
Giovanni Sommo, Corrispondenze archeologiche vercellesi, Vercelli, 1994
Giovanni Sommo, Luoghi fortificati fra Dora Baltea, Sesia e Po: analisi dei risultati di un censimento territoriale nell'area di influenza del comune medievale vercellese, in "I Congresso nazionale di archeologia medievale-Pisa 29-31 maggio 1997", Firenze, 1997, pp. 165-171
Giovanni Sommo, Vercelli antica, in Silvano Beltrame, Sergio Gaviglio, Vercelli Antica, Carta dei ritrovamenti archeologici di epoca protostorica e romana del territorio comunale. Guida alle sale di antichità vercellesi del Museo C. Leone, Vercelli 1999, pp.13-19
Giuseppina Spagnolo Garzoli,Vercelli: via Aravecchia. Strutture extraurbane di età romana, in QSAP, 1991, n. 10, pp. 230-231
Giuseppina Spagnolo Garzoli, Vercelli: Piazza Mazzini 15. Rinvenimento di edifici romani, in QSAP, 1991, n. 10, pp. 232-233
Giuseppina Spagnolo Garzoli,Vercelli: Via Duomo. Basolato stradale, in QSAP, 1993, n. 11, pp. 304-305
Giuseppina Spagnolo Garzoli, Vercelli: Interventi in centro storico 1) Via S. Michele Palazzo Langosco. Resti di domus romana,in QSAP, 1994, n. 12, pp. 345-346
Giuseppina Spagnolo Garzoli, Vercelli: Interventi in centro storico 2) Via S. Cristoforo. Palazzo della Provincia, in QSAP, 1994, n. 12, pp. 346-348
Giuseppina Spagnolo Garzoli, Vercelli: Interventi in centro storico 1) via Fratelli Bandiera, in QSAP; 1995, n. 13, pp. 376-378
Giuseppina Spagnolo Garzoli, Vercelli: Interventi in centro storico 2) via Fratelli Bandiera area dell'ex cinema Corso, in QSAP, 1995, n. 13, pp. 378-381
Giuseppina Spagnolo Garzoli, Un aspetto dell'iconografia del culto delle Matrone su ceramica comune a rilievo, in QSAP, 1996, n. 14, pp. 87-114, in QSAP, 1996, n. 14, Notiziario, p. 263
Giuseppina Spagnolo Garzoli, Domus del Brüt Fund, ambiente L. Restauro di intonaci,
Giuseppina Spagnolo Garzoli (a cura di), Conubia gentium-La necropoli di Oleggio e la romanizzazione dei Vertamocori, Torino 1999
Gloria Vannacci Lunazzi, Note di protostoria vercellese, in Sibrium, 1980-81, n. 15
Laura Vaschetti, Saggio archeologico nel centro storico di Vercelli, in QSAP, 1986, n.1, p. 199
Vittorio Viale, Recenti ritrovamenti archeologici a Vercelli e nel vercellese. Il tesoro di Desana, in BSBS, Anno XLIII, 1941, pp. 145 e segg.
Vittorio Viale,Ritrovamenti archeologici a Vercelli in BSBS, anno XLIV, 1942, pp. 146 e segg.
Vittorio Viale, Vercelli e il Vercellese nell'Antichità, Torino 1971
Fausto Zevi, Appunti sulle anfore romane, in: Archeologia classica, 1966, XVIII 2, pp. 208-247
Marta Zorat, La gens Lollia ed il culto di Ammone ad Industria, in QSAP, 1993, n. 11, pp. 55-63

 

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Laterizi di epoca romana

 

1 comignolo - 2 coppo curvo - 3 sesquipedale - 4 colonna - 5 quadrello -

6 tegolone grande - 7 tegolone piccolo

 

GLOSSARIO

Aco, vasi di: bicchieri e coppette di epoca rmana caratterizzati da pareti piuttosto sottili.Hanno la carateristica di presentare sulle pareti delle eleganti decorazioni distribuite sul corpo del vaso che può essere verniciato o meno. Prendono il nome da "Aco", uno dei maggiori produttori e che marcava con il proprio nome i propri manufatti. Tipici nell'Italia settentrionale, sono databili all'età imperiale ed in particolare al periodo augusteo-tiberiano (I secolo d.C.)

Acroteri: Elementi decorativi tipici dell'architet-tura e ripresi anche su altre forme. Sono costituiti da un elemento a tutto tondo posto agli angoli o sulla parte frontale di manufatti e sculture.

Agemina: Tecnica orafa consistente nel battere, a freddo o a caldo, dentro a incisioni fatte su un oggetto in metallo di poco pregio (ferro o bronzo) dei sottili fili metallici di ottone, argento od oro al fine di ottenere dei motivi decorativi derivanti, oltre che dal disegno, anche dal contrasto cromatico dei diversi metalli.

Augustali: Collegio sacerdotale che provvedeva al culto degli Imperatori divinizzati. L'appartenenza costituiva una importante carica pubblica all'interno della gerarchia sociale cittadina.

Ara: Manufatto in pietra o marmo, a volte decorato e destinato alle dediche negli usi religiosi. Per estensione vengono così definite anche le basi sormontate da statue dedicate a personaggi della vita pubblica o ad imperatori.

Balsamario: Piccolo contenitore realizzato perlopiù in vetro ed in varie forme, adatto a contenere unguenti, balsami e olii.

Basolato: Latricato stradale realizzato con grosse pietre irregolari (basoli) avvicinate a formare una superficie continua.

Ceramica comune: Sono così definiti quei manufatti (tegami, pentole ed olle) romani o preromani caratterizzati dall'impasto grossolano e realizzati al tornio o a mano. Il loro uso era destinato all'uso domestico quotidiano sulla mensa o in cucina. Realizzati localmente imitavano, a volte, le forme delle classi ceramiche più fini e pregiate o gli oggetti in metallo.

Cocciopesto: Conglomerato compatto ottenuto impastando con calce minuti frammenti di laterizi, anfore, tegole, od oggetti in ceramica.Usato in particolar modo per la realizzazione di pavimenti e di rivestimenti impermeabili all'acqua.

Cremazione: Pratica funebre nella quale il corpo del defunto veniva bruciato. Utilizzata in epoca romana pagana e sostituita progressivamente con l'inumazione a partire dal periodo cristiano. La cre-mazione poteva essere: Diretta se il corpo veniva arso direttamente nel luogo dove venivano sepolte le ceneri, oppure Indiretta se il corpo veniva bruciato in un luogo (ustrinum) diverso da quello della sepoltura, per trasportare poi le ceneri, all'interno di contenitori, nella fossa.

Castellum acquae: Costruzione, legata all'acquedotto, destinata alla raccolta ed alla distribuzione delle acque.

Decumano: Il principale asse stradale, orientato est-ovest, nelle città romane. Vengono così definite anche le vie ad esso parallele che, formando il reticolo viario urbano, racchiudevano gli isolati (insulae).

Dracma Padana o massaliota: Moneta prodotta nell'Italia settentrionale dai Celti e che imitava la moneta greca di Marsiglia dalla quale deriva la denominazione di "massaliota".

Dolio: Recipiente in terracotta dalle grosse dimen-sioni destinato a contenere prodotti alimentari da conservare ed immagazzinare.

Domus: Casa romana destinata all'abitazione di una famiglia. Nelle città erano presenti sia in dimensioni e forme architettoniche più semplici sia in dimensioni più grandi e con decorazioni di pregio all'interno.

Episcopio: Anche con questo termine viene definito il Palazzo Vescovile

Fibula: Fermaglio molto simile elle attuali spille di sicurezza, largamente impiegato nell'abbigliamento antico per fermare le vesti intorno al corpo. E' costituita da un ago (ardiglione) avvolto da un lato a spirale e che termina dall'altro con una punta che si aggancia ad una estremità (staffa) del corpo della fibula. Apparsa nella tarda età del Bronzo costituisce, con la sua evoluzione, un elemento che permette di datare i conresti archeologici.

Impluvium: Vasca rettangolare presente nell'atrio scoperto della domus, con lo scopo di raccogliere l'acqua piovana per gli usi della casa.

Incinerazione: V. Cremazione.

Insula: Vengono così definiti gli isolati di una città romana delitati dalle strade. Il termine indica anche, a Roma, costruzioni a più piani destinate all'abitazione di più famiglie.

Inumazione: Pratica funeraria che prevede la sepoltura della salma integra. A partire dall'epoca cristiana sostituisce gradualmente la pratica della sepolturaa cremazione (incinerazione).

Ipocausto: Soluzione architettonica che prevede la costruzione, nei muri o nei pavimenti delle case romane, di intercapedini destinate al passaggio dell'ariacalda a scopo di riscaldamento.

Liberto: Nella società romana era lo schiavo che conquistava, attraverso una procedura legale, la libertà dal padrone mantenendo comunque una condizione inferiore ai cittadini nati liberi. Il loro ruolo sociale divenne con il tempo sempre più importante, fino a pareggiare, di fatto, gli uomini liberi. Il loro legame con il padrone era comunque stretto visto che ne assumevano il nome ed il prenome, mentre il loro nome personale diventava, nel tria nomina, il cognomen.

Ninfeo: Costruzione architettonica ricca di elementi decorativi e predisposta per giochi d'acqua. A volte utilizzata per il culto di divinità legate alle acque.

Olpe: Vaso di uso comune in terracotta destinato a contenere liquidi. Nella sua forma classica presenta collo stretto, corpo globulare o piriforme ed una ansa.

Opus incertum (opera incerta): Cortina muraria costituita da blocchi in pietra irregolari per forma, dimensioni e disposizione.

Opus sectile: Decorazione pavimentale realizzaa con lastrine sagomate in marmo policromo.

Opus signinum (opera signina): Termine utilizzato per definire un impasto di calce, e pietrame di piccola pezzatura. A volte viene usato come sinonimo per indicare il cocciopesto.

Parasta: Decorazione architettonica che, di poco sporgente dal filo del muro, imita la presenza di una colonna. Il più delle volte presenta decorazioni.

Pareti sottili ceramica a: Ceramica romana caratterizzata dalla estrema sottigliezza delle pareti (0.5- 5 mm). Utilizzata, nell'impiego più diffuso, per realizzare bicchieri e coppette, è diffusa per tutto il periodo romano tardorepubblicano e per quello imperiale.

Patera: Piatto dalle grosse dimensioni usato soprattutto sulle mense, realizzato in ceramica o in metallo.

Stele: Lastra o pietra, sia rozza che con iscrizione, infissa nel terreno con funzioni di segnacolo. Il termine definisce, per estensione, anche le lapidi funerarie che avevano la funzione di decorare le tombe.

Suspensurae: Sistema di colonnine, in laterizio o altro materiale, che sosteneva un pavimento crendo una intercapedine per la circolazione dell'aria caldadestinata al riscaldamento degli ambienti termali o di domus.

Terra sigillata: Tipologia di ceramica romana prodotta non al tornio ma entro matrice e cotta in particolari condizioni che le conferivano un caratteristico colore corallino. Si presenta con la superficie estremamete liscia e porta decorazioni figurative o vegetali. Queste ultime venivano applicate sul vaso prima della cottura o ottenute scavando in negativo la matrice entro la quale si modellava il vaso. Ha i suoi primi centri di produzione presso Arezzo (da cui anche il nome di "aretina") e subisce un notevole decadimento qualitativo e di aspetto con la produzione eseguita in serie nell'epoca imperiale tarda

Triclinio: Ambiente principale della domus romana, utilizzato per il pranzo e per gli ospiti. Sovente presenta decorazioni pavimentali a mosaico e pitturemurali ad affresco.

Vernice nera ceramica a: Ceramica romana carat-terizzata da una sottile patina nera sulla superficie, ottenuta in particolari condizioni di impasto e di cottura. Destinata all'uso quotidiano, compare nel periodo compreso tra il I secolo a.C ed il I secolo d.C. per lasciare poi il posto alla ceramica in terra sigillata.. Per i suo breve arco temporale di utilizzo costituisce un elemento che fornisce una ben precisa datazione dei contesti quando viene ritrovata nei suoi strati originali di deposito:

Vittoriati: Monete romane di epoca repubblicana caratterizzate da raffigurazioni costanti e destinate soprattutto ad un uso nel commercio.

 

 

 

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