Località fortificate

della

Provincia di Vercelli

(A)

 
 

I testi qui raccolti sono tratti dai volumi: Luoghi fortificati fra Dora Baltea, Sesia e Po. Atlante aerofotografico dell'architettura fortificata sopravvissuta e dei siti abbandonati. La presente edizione è liberamente scaricabile per uso privato, ogni altra utilizzazione a carattere pubblico, dell'intero testo o di parti di esso, comprese le illustrazioni, deve essere preventivamente autorizzata.

archeovercelli.it

 

 

Comune di Alagna

 

Alagna [ 1 ]

Tipo: casaforte.

Localizzazione: comune di Alagna, frazione Pedelegno, nel centro abitato.

Superficie: 100 mq.

Attestazione: 1534 (Conti 1977, p. 133).

Nel territorio di Alagna sono situate le alpi di Otro, Mud, Bors, Auria, Olen, Stoffel e di Tautrobarte, citate nei documenti (Mor 1933; Ferraris 1984, pp. 327-330; Fontana 1990) fra XI e XIII secolo. Molte di esse furono di proprietà dei conti di Biandrate o da questi controllate attraverso i monasteri di S. Pietro di Castelletto e di San Nazaro, di cui esercitavano il patronato.

Gli alpeggi, abitati solo alcuni mesi all'anno, dovevano far capo a piccoli nuclei insediativi situati ai piedi dei monti che, per quanto ci è dato sapere, facevano parte della comunità valsesiana di Pietre Gemelle (Fontana 1990, p. 18).

La notevole rilevanza economica delle attività agro pastorali legate alle conduzione degli alpeggi (allevamenti bovini e caprini) potrebbe aver giustificato la presenza di un centro, fortificato anche solo in modo rudimentale, per la raccolta e protezione dei prodotti destinati alla pianura e delle greggi; ma di un vero e proprio insediamento ad Alagna non si ha notizia certa che all'inizio del XIV secolo, con lo stanziamento Walser (Fontana 1990, pp. 23-25), cui non sarebbero estranei gli stessi Biandrate. La presenza di una casaforte o residenza castellata ad Alagna, peraltro non attestata dai documenti, potrebbe collegarsi a qualche preesistenza finalizzata alle esigenze difensive dei Biandrate, assai malvisti dai valligiani.

"Osservasi gli avanzi di un antico casolare detto il Castello, e su due porte, stemmi col motto: omne solum forti patria est; d'onde si arguisce che possa alludere a qualche rifuggito" (Dionisotti 1871, p. 110), di analogo contenuto è il testo del Ravelli (Ravelli 1924, p. 274), che ricorda la torre massiccia del castello e avanza alcune ipotesi sulle famiglie che potrebbero aver costruito la residenza. Il Conti (Conti 1977, p. 133) attribuisce la costruzione al 1534 e alla famiglia Scarognina l'edificazione, senza peraltro citare le fonti dalle quali attinge le notizie. La struttura architettonica, alquanto rimaneggiata, mostra ormai solo indizi di fortificazione, rappresentati dalla forma turrita di una parte dell'edificio.

Comune di Varallo

 

Castello di Varallo [ 2 ]

Tipo: castello (?).

Localizzazione: chiesa parrocchiale di S. Gaudenzio, nel centro abitato.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: 1030 (Panero 1985, p. 26);1260 (Mor 1971, p. 53).

Non è ben chiaro se, per l'attestazione del castello di Varallo, ci si trovi in presenza di una tradizione storica divenuta popolare o se si tratti di una tradizione popolare raccolta dagli storici. Certo è che la citazione bibliografica proposta dal Panero (Panero 1985, p. 26), che non ci è riuscito di reperire, non sembra risolvere il problema di interpretazione, se non in forma ipotetica ed ampiamente dubitativa, nonostante la presenza di un castello appaia del tutto plausibile. L'attestazione, quindi, viene trattata qui solo in forma ipotetica, in mancanza di resti materiali visibili.

Del castello di Varallo si trova notizia nel lavoro dell'Ottone (Ottone 1833, p. 68 nota 4), che identifica il sito con la Rocca di Uberto del diploma di Corrado II, e aggiunge che la rocca esisteva sull'altura dove è la chiesa collegiata di S. Gaudenzio, affermando, inoltre, l'esistenza di "una bella e grande stanza" al di sotto di essa. La notizia è ripresa dal Dionisotti (Dionisotti 1875, p. 74) che usa, nel descrivere la chiesa di S. Gaudenzio, l'espressione "vuolsi sia stata edificata verso il secolo XIII nel sito di un castello". Il Tonetti (Tonetti 1875, p. 136 nota 1) corresse l'identificazione della Rocca, assegnandola giustamente al monte presso Roccapietra. Da ultimo, il Ravelli (Ravelli 1924, I, p. 210), riporta la tradizione secondo la quale sulla rupe, prima della collegiata, "vuolsi esistesse un castello".

Parrebbe dunque una tradizione di origine storica, perpetuata dagli storici stessi. Tuttavia, un documento del 1260 (Mor 1933, n. XLIX) risulta essere stato stilato in Varallo "ad caminata domini Uberti de Blandrate", fornendo la certezza che nel luogo esistesse una residenza signorile e provocando dubbi sul fatto che si trattasse soltanto di un palazzo (Mor 1977, p. 53) e non, perlomeno, di una residenza castellata. Il termine caminata (Settia 1984 c, p. 211), solitamente designante una parte del complesso del palatium, situato all'interno di una fortificazione, sembrerebbe indicare che, probabilmente, nel XIII secolo a Varallo doveva essere presente un edificio fortificato con annessa dimora signorile.

Non sono dunque molti gli elementi per rendere meno incerta l'attribuzione e l'attestazione dell'edificio fortificato che emerge, purtroppo isolata, nel documento del 1260. Il "ponte de Varade" appare, comunque, in un documento del 1025, insieme all'alpe di Otro e alla rocca di Uberto (Mor 1933, IV, p. 8); il luogo era quindi probabilmente abitato e posto a guardia di un ponte di rilevante interesse economico già verso la fine del X secolo. Tale fatto fa ritenere plausibile che vi esistesse un presidio nell'XI secolo e che, successivamente, vi dimorasse un esponente della famiglia dei Biandrate. La questione, così come in vari altri casi consimili, non potrà che essere risolta dalla ricerca archeologica.

castello dei Barbavara ( Roccapietra fraz. di Varallo)

 

Castello dei Barbavara [ 3 ]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Varallo, frazione Roccapietra, sulla cima del monte a nord dell'abitato; quota 656.

Superficie: 2500 mq.

Attestazione: 1025 (Mor 1933, IV, p. 8).

La "rocca Huberti de valle Sesedana" compare per la prima volta nel documento di donazione di Corrado II alla chiesa vescovile di Novara, successivamente confermata nel 1028, e da Enrico IV nel 1060, con vari altri beni valsesiani (Mor 1933, IV, p. 8; V, p. 10; VI, p. 12).

E' da presumere, pertanto, che la fortificazione fosse preesistente e sia da attribuire al secolo X. Il possesso della rocca da parte del vescovo novarese appare connesso, nei diplomi imperiali, con l' "alpe de Otro" e con il "ponte de Varade", evidentemente collegati all'utilizzazione economica dei beni fondiari valsesiani.

Già nel 1070 (Virgili 1974, p. 658), sono attestati possedimenti fondiari dei conti di Biandrate nel luogo di Rocca, forse il più adatto ad ospitare una fortificazione in alta Valsesia per la naturale conformazione del monte e per la sua invidiabile posizione. Più tardi, nel 1140 un diploma di Corrado III conferma il possesso feudale di "Rocha de valle de Seseda" (Mor 1933, XIII, p. 25) al conte Guido, insieme con molti altri luoghi valsesiani, cum omnibus castris et villis, e l'origine della signoria è da ritenersi dunque anteriore.

Ma l'espansione dei Biandrate, specialmente in Valsesia, si scontra precocemente con gli interessi vercellesi e novaresi. Nel 1170 il conte Ottone raggiunse un accordo con il Comune di Vercelli secondo il quale "iuravit quod non levabit castrum nec fortitudinem aliquam a valle Scicida et a Romaniano..." (Mor 1933, XV, p. 31). Con la pace di Casalino, del 1194, i diritti acquisiti daVercelli sulla Valsesia sono rimessi a Novara, e i conti di Biandrate continuano a detenerne i feudi. Nel 1204, con atto di investitura, il conte Gozio di Biandrate affitta i beni fondiari di Rocca (Mor 1933, XXI, p. 46) e, pochi anni dopo, nel 1211, i fratelli conti di Biandrate fanno reciproca promessa di non alienare i loro castelli, fra i quali quello di Rocca, senza il loro stesso consenso o della maggioranza degli interessati (Mor 1933, XXIII, p. 50).

La potente famiglia dei Biandrate, divisa e schiacciata fra le mire espansionistiche vercellesi e novaresi, cede ora all'una, ora all'altra parte. Il conte Uberto patteggia con i Novaresi la cessione dei suoi diritti su alcuni castelli della Valsesia, fra i quali quello di Rocca (1247, Mor, 1933, XLIII, p. 98); Guido, Rufino, Guglielmo e Goffredo di Biandrate cedono i loro diritti su altri castelli e la giurisdizione di tutta la Valsesia al Comune di Vercelli (1247, Mor 1933, XLIV, p. 99). Nel 1260, altri patti fra il Comune di Vercelli e i Biandrate stabiliscono che essi "dabunt in forcia et virtute comunis Vercellarum libere et absolute castra Rubialli et Venzoni et Roche ...Item quod comuni Vercellarum possit ibi ponere castellanos et servientes quandocumque comuni Vercellarum placuerit et quousque voluerit" (Mor 1933, L, p. 124).

Un complesso atto notarile del 1273, rogato &laqno;super palacio comunis Vercellarum», mette fine alla discordia fra i conti e stabilisce particolareggiate norme di comportamento fra essi , in particolare per quel che concerne i castelli e il loro uso in caso di discordie: "Comes vero Ruffinus et Guillelmus et Gotofredus durantibus predictis discordiis habeant et teneant castrum Roche...".

Cacciati i Biandrate dalla Valsesia , fra il 1372 e il 1374, il castello di Rocca venne distrutto; riedificato dai Barbavara, che ebbero il feudo della Valsesia da Giovanni Galeazzo Visconti nel 1402, venne nuovamente e definitivamente distrutto nel 1415, quando i Valsesiani si liberarono dagli odiati feudatari ponendosi sotto la diretta signoria del duca Filippo Maria Visconti (Ravelli 1924, I , p. 187).

Le rovine del castello, tuttora visibili sulla cima del monte sovrastante Roccapietra, sono ancora imponenti e rivelano un complesso fortificato che si è sviluppato seguendo la naturale conformazione del sito, sfruttandone appieno le potenzialità difensive.

La coesistenza in territorio di Roccapietra di due località fortificate, essendo infatti presente anche il castello d'Arian, situato presso il laghetto di S. Agostino, sulle alture a sud-est del paese, ha dato luogo a varie interpretazioni e incertezze.

L'opinione più diffusa vuole che il castello di S. Agostino sia il più antico e quello di S. Stefano, o dei Barbavara, sia di più recente costruzione e attribuito ai Biandrate o ai Barbavara stessi, di cui conserva il nome. Il Manni (Manni 1967, p. 185) ritiene che il castello di S. Stefano sia da attribuire al XV secolo, non essendovi tracce visibili di ricostruzioni o di più fasi costruttive, e che quello di S. Agostino sia da identificarsi con la più antica rocca di Uberto.

In effetti i documenti non ricordano la presenza di due castelli coesistenti in Rocca, nè fanno riferimento a distruzioni e a castelli nuovi e vecchi.

Esaminando la cappella castrense di S. Stefano, definita dal Manni di "stile romanico, e quindi del suo vero secolo (XV) (sic)", lo stesso autore mostra di forzare alquanto, più che i dati, le impressioni architettoniche sulla chiesa.

Le caratteristiche planimetriche del complesso (Canali 1990), con corte alta volta a nord, comprendente il dongione e l'abitazione signorile, e corte bassa a sud con cappella castrense, cisterna e corpo di guardia presso l'ingresso, e alcune osservazioni architettoniche, farebbero risalire la rocca al XIII secolo (Canali 1990, p. 48). La dedicazione della cappella castrense, che tuttavia potrebbe preesistere alla costruzione del castello, ci porta, invece, molto indietro nel tempo, ai secoli in cui è fatta menzione per la prima volta della fortificazione, ma ciò non contribuisce a chiarire definitivamente il problema della datazione.

Il cosìddetto "castello d'Arian" è di più facile accesso dall'abitato di Rocca, e mostra caratteristiche piuttosto particolari, non facilmente identificabili con una residenza fortificata in uso fra XI e XIV secolo, ma assai più consone ad un rifugio temporaneo per gli abitanti del borgo. Inoltre le strutture sopravvissute, purtroppo non ancora ben note e studiate, non risultano facilmente databili e non permettono di affacciare ipotesi basate su osservazioni concrete.

Va infine sottolineato che non sono pochi gli edifici e i luoghi fortificati medievali attestati sul terreno e non dai documenti e che, anche nel caso di Roccapietra, le cose potrebbero essere più complesse di quanto non appaia dalle fonti scritte in nostro possesso.


Castello d'Arian [ 4 ]

Tipo: castello (?).

Localizzazione: comune di Varallo, frazione Roccapietra, sulle alture a sud-est dell'abitato, presso il lago di S. Agostino.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: non attestato.

Il luogo fortificato detto "castello d'Arian" costituisce, come si è già accennato, un problema complesso, non facilmente risolvibile se non attraverso ricerche e rilievi sul terreno eseguiti con metodo archeologico.

La possibilità che la rocca di Uberto dei documenti medievali possa essere identificata con il castello d'Arian è già stata considerata (Manni 1967), ma in modo tutt'altro che risolutivo. I siti mostrano, infatti, caratteristiche architettoniche e impianti molto diversi fra loro, così come ben diverse sono le caratteristiche costruttive.

&laqno;Il più antico [castello] è quello costrutto a pochi passi sovra il lago di S. Agostino tra il poggio Cerei e Pianale. Poche traccia di mura, la cisterna per l'acqua piovana, qualche vestigia dell'antica strada delle carroccie scendente a valle, e un pozzo che dal pian del lago forniva l'acqua al castello a mezzo d'un cunicolo e di speciali ordigni, ecco quanto rimane di esso. Affatto ignoti sono poi la data di sua costruzione e i fatti che quivi accaddero» (Ravelli 1924, I, p. 186). Sull'antichità della fortificazione di S. Agostino si espresse anche il Mor, che, dal toponimo castello d'Arian, dedusse una possibile origine longobarda o franca, interpretando l'appellativo Arian come segnale di estraneità e isolamento etnico-religioso dei costruttori della fortificazione, e la dedicazione del lago a S. Agostino come particolarmente significativa a questo riguardo (Mor 1960 pp. 33-37). Neppure ci soccorrono le fonti medievali, che non attestano alcuna particolarità riguardante il luogo di Rocca.

La località, facilmente accessibile dal piano, dove è situata l'antica parrocchiale di Roccapietra, mostra di essere stata fortificata in modo molto semplice e rudimentale, sfruttando la particolarissima conformazione del terreno.

Il laghetto, situato fra due alte creste, preclude l'accesso dal lato meridionale, il pianoro, che si apre sul lago a nord, e che mostra tracce di abitato e i resti della costruzione attribuita ad una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana, è stato fortificato con un poderoso muro dello spessore di circa 2 m e di pari altezza residua, costruito con grossi blocchi poligonali a secco e, probabilmente, affiancato da strutture lignee oggi scomparse. Un piccolo pozzo di buona costruzione e frammenti di laterizi furono portati in luce da anonimi sondaggi visibili nel 1974 presso la sponda meridionale del lago1.

L'accesso attuale mostra di essere stato aperto nello spessore del muro e, probabilmente, non corrisponde all'antico, che doveva trovarsi altrove. Sulla cresta orientale, dominante il bacino, si osserva un piccolo pianoro che potrebbe aver offerto un ulteriore e naturale sito difeso, dove, peraltro, non si sono riscontrate evidenze. L'esame superficiale della località, ricca di vegetazione, non permette una lettura più ampia e particolareggiata e fa auspicare l'esecuzione di un accurato rilievo del sito e delle evidenze e di una esaustiva ricognizione per chiarirne la conformazione e l'origine.

La poderosa struttura del muro difensivo, peraltro ben difficilmente databile, e la presenza di un abitato di una certa ampiezza, nonchè l'antica attestazione del luogo di Rocca, fanno, comunque, di S. Agostino uno dei luoghi di maggiore interesse storico-archeologico della valle che meriterebbe l'attuazione di un attento programma di indagini.

 

1 Un articolo comparso in &laqno;La Sesia» del 1. 3. 1974, "Stanziamenti protoceltici e celtici in Valsesia" accenna, effettivamente, ai risultati di sondaggi compiuti in quegli anni presso il lago S. Agostino, rimasti anonimi come l'autore stesso dell'articolo. Nel testo si ricordano sovrapposizioni di elementi nelle fondazioni del castello che fecero presumere la presenza celtica, romana e longobarda nel sito. Inoltre viene fatta menzione del ritrovamento di frammenti ceramici che attesterebbero le suddette fasi di occupazione. Purtroppo nulla si è saputo intorno a tali ritrovamenti che, a quanto risulta, non vennero mai resi di pubblico dominio.

Comune di Quarona

 

Quarona [ 5 ]

Tipo: torre (?).

Localizzazione: comune di Quarona, presso l'antica parrocchiale di S. Giovanni Battista, sul monte omonimo.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: non attestato.

Il luogo è menzionato in un documento del 1070 con il quale il conte Guido di Biandrate acquista beni in Valsesia da un Ardicione figlio di Bosone (Mor 1933, VIII, p. 14), si tratta, dunque, di un abitato fra i più antichi della valle.

Tutte le località valsesiane citate dallo strumento notarile presentano successivamente attestazioni di luoghi fortificati (Seso, Agnona, Rocca, Quarona, Varale), ma della torre di Quarona non fanno menzione i documenti più tardi, e l'esistenza dell'edificio è rivelata solo dalla tradizione storica.

L'Ottone (Ottone 1833, p. 113 nota 3) riferisce come a Quarona, all'inizio del XIV secolo, vi fosse una comunità autonoma con propri statuti, ciò spiegherebbe il silenzio delle fonti se tale autonomia potesse essere fatta risalire ad un paio di secoli prima. Il Ravelli (Ravelli 1924, I, p. 180) ricorda i nomi delle frazioni (Vico, Villa, Domo,Vicinanza) che dichiarerebbero l'antichità del luogo, e attribuisce all'XI secolo la costruzione della torre, situata &laqno;poco discosto dalla chiesa di S. Giovanni». L'antica parrocchiale, collocata in luogo elevato, venne sostituita poi dalla chiesa di S. Antonio, edificata in piano fra il 1609 e il 1632. "Simile a quella di Agnona" la torre di Quarona "cadde però presto, prima fra tutte le fortezze dei Biandrate, e ora dell'antico fabbricato solo si scorgono qua e colà tracce insignificanti di mura sepolte fra l'aggroviglio di radici e l'eterno verdeggiar dell'edera". Il Mor (Mor 1960, p. 23) sottolinea che la frazione Vico, presso la vecchia parrocchiale, dovette essere il più antico aggregato del paese, e ricorda recenti lavori di restauro della chiesa che avrebbero rivelato una precedente costruzione "romana".

Gli avanzi veduti dal Ravelli sono oggi ancor meno evidenti, solo sul poggio presso la chiesa di S. Giovanni Battista l'abbondanza di pietrame fa credere che quello sia il sito dell'antico edificio fortificato, il cui interesse attuale è esclusivamente di tipo archeologico.

Comune di Borgosesia

Vanzone [ 6 ]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Borgosesia, frazione Vanzone, sul'altura presso la chiesa di S. Maria.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: 1211 (Mor 1933, XXIII, p. 50).

Troviamo la prima menzione del castrum di Vanzone nell'atto, di reciproca promessa fra i conti di Biandrate di non alienare i loro castelli, dell' 11 agosto 1211 (Mor 1933, XIII, p. 50). Senza territorio e pertinenze, Vanzone è denominatovilla in un documento del 1219 e burgus Vanzoni nel 1237 (Mor 1971, p. 57); vi si sviluppò, infatti, un centro abitato rilevabile anche dopo la distruzione delle fortificazioni e l'assorbimento del luogo nella comunità di Valduggia (Mor 1960, p. 84).

Il Mor ritiene che il castello non fosse molto grande se nel 1263 era detto "castro turris" , "cioé una torre contornata da un muro di difesa" (Mor 1971, p. 57).

Nel 1247 il conte Uberto di Biandrate cedette a Novara le parti a lui spettanti del castello di Vanzone (Mor 1933, XLIII, p. 98) e, nello stesso anno, Guido, Guglielmo e Goffredo (Mor 1933, XLIV, p. 102) sono esortati dal Comune di Vercelli, cui si erano sottomessi, a tenere, in particolare, i loro castelli di Vanzone e Rocca. Nel 1260 i Vercellesi ottengono dai Biandrate di porre un castellano con servientes a Vanzone. Un interessante documento del 1 maggio 1260 costituisce, infatti, quietanza di un indennizzo di 40 lire pavesi pagate da Vercelli al conte Guglielmo per le cose di sua proprietà esistenti nel castello di Vanzone 2 e perdute dal castellano del comune, tale Bartolomeo de Volta (Mor 1933, LII, p. 130). Evidentemente il castello era stato preso e depredato non molto tempo prima, ma certo non distrutto, poiché esso appare, ancora dieci anni dopo, nel 1273, fra i castelli nominati nella pace stipulata fra i rami dei conti di Biandrate (Mor 1933, LIV, p. 124).

Dell'esistenza del castello era ancora diffusa la memoria nel secolo scorso, ne fa cenno il Dionisotti (Dionisotti 1871, p. 62), che ricorda che la fortificazione fu sostituita dalla chiesa intitolata a Maria Vergine, "detta volgarmente della Trinità".

Il poggio, di conformazione tondeggiante, non mostra attualmente alcuna traccia di fortificazione, se non nella particolare conformazione, rilevabile anche dalla cartografia catastale. La chiesa potrebbe aver effettivamente sostituito il dongione, che si collocherebbe, probabilmente, lungo un ipotetico perimetro racchiudente l'altura. L'interesse del sito è, pertanto, ormai esclusivamente archeologico.

 

2 - Riportiamo di seguito l'elenco degli arredi e delle armi che costituisce un raro esempio di inventario riguardante un castrum efficiente nel XIII secolo: mazi octo quarellorum de strevi, butalli sex, tine tres, arche due, mazi octo de strallonis de strevi, scrineum unum, carrum unum, parolium unum magnum, catene due ferri, situle due, calderia una magna, armarium unum, celeri quatuor, carraria una magna, archonum unum ferratum, butallum unum buratandi, alium butallum, archonum unum ferratum, item archonum unum, tabulas V, banche tres, remate carrarie tres magne, scrineum unum ferratum, archonum unum, rote novem, sexi duo carri, palum unum ferri, culcidre tres magne, et cuxinus unus. Item zelerus unus ferratus, balestre tres de duobus pedibus cum chrochis III, balestre II de streve cum chrochis duobus, quarelli CL duorum pedum inastati. Item chrochi quatuor de balestriis. Item staria XXXII de siliginis ad mensuram vallis Scicide, item starios duos vini ad mensuram Vercellarum, item carrarie quatuor magne, molendinum unum et brachium cum ferramentis et hiis omnibus que necesse sunt dicto molendino, butalli sex et caregie sex...

Robiallo [ 7 ]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Borgosesia, frazione Bettole, sul colle sovrastante l'abitato.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: 1217 (Mor 1933, XXIV, p. 51).

Robiallo compare per la prima volta nel 1217 nell'atto di cessione dei conti di Biandrate al Comune di Vercelli: toto castro Rubialli cum suburbio eius et cum curte eius (Mor 1933, XXIV, p. 51). Non sappiamo quando sia stato costruito, ma è da credere che possa risalire almeno alla fine del secolo XII, o asgli inizi del XIII, e che vi si fossero stabiliti un abitato e una corte.

La sua posizione, su di uno spiazzo ai piedi del monte Fenera, risponde ad un'esigenza ben precisa: bloccare la Valduggia (Mor 1971, p. 52) verso i confini novaresi. Il Mor ritiene che l'abitato, sottinteso dai termini suburbio e curte, denominato anche villa in un documento del 1219 (Mor 1960, p. 84), fosse ristretto alle immediate vicinanze del castello e si fosse sviluppato attorno ad esso dopo la sua costruzione, non avendo pertinenze territoriali e avendo giurisdizione limitata al castrum.

Nel novembre 1218 i Novaresi dovettero assediare Robiallo, che si arrese o fu preso a dicembre, poiché il 22 dello stesso mese Ardizzone Avogadro, in apposito atto, promette al Comune di Vercelli di restituire l'indennizzo ricevuto per l'armatura perduta a Robiallo, nel caso che ne venisse nuovamente in possesso (Mor 1933, XXXIII, p. 82). Il castello assume in quegli anni particolare rilevanza nelle guerre fra i due comuni e i due rami del consortile nobiliare dei Biandrate, e esso compare, infatti, in molti documenti di investitura e di accordo, dal 1224 al 1273.

Un atto del 1260 pattuisce, ad esempio, le spese di custodia del castello di Robiallo per l'anno successivo che il comune, previa esenzione dal fodro, deve ai Biandrate, e ricorda la presenza di un castellanum e di dieci servientes in castro Rubialli, a carico dei Vercellesi (Mor 1933 LI, p. 128).

Nel 1264 la fortezza viene nuovamente espugnata dai Novaresi, guidati da Filippo della Torre, non venne però, probabilmente, distrutta che nella seconda metà del XIV secolo, quando dalla Valsesia furono definitivamente scacciati i Biandrate. Ancora nel 1304, infatti, si tramanda l'occupazione di Robiallo da parte di Dolcino, le cui milizie si aggiunsero al presidio armato dei conti (Ravelli 1924, p. 84).

Il Ravelli, nei primi decenni del Novecento, riscontrava la presenza di "traccia di un antico fabbricato, fra cui un basamento quadrilatero fa supporre una torre". Attualmente su quei resti insiste una rustica costruzione agricola e sono molto scarse le tracce visibili da terra. L'aerofotografia in questo caso può essere di aiuto per una migliore comprensione del sito, che conserva un notevole interesse archeologico e può rappresentare un'occasione di ricerca su di una fortificazione che, dopo l'abbandono, non ha subìto rilevanti interventi.

Il perimetro potrebbe essere pressoché quadrilatero e comprendere tutta la superficie dell'altura, naturalmente adatta alla difesa. Il dongione risulterebbe, in questo caso, posizionato presso uno degli spigoli e, certamente, abitazioni e magazzini dovrebbero trovarsi all'interno e all'esterno del recinto. Tuttavia non è individuabile, ad un primo esame, l'ingresso, e solo alcune tracce sorreggono l'ipotesi di un recinto esteso all'intero perimetro dell'altura.

La località, qunque, dovrebbe essere indagata in modo più approfondito a terra, e meriterebbe una serie di sorvoli in vari momenti stagionali e vegetazionali.

Agnona [ 8 ]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Borgosesia, frazione Agnona, sul'altura &laqno;Castello» (quota 489).

Superficie: 400 mq.

Attestazione: 1140-41 (Mor 1933, XIII, p. 25).

La località è già citata nel documento di acquisto, da parte di Guido di Biandrate, di vari beni valsesiani del 1070 (Mor 1933, VIII, p. 14), ma è ipotizzabile la presenza di una fortificazione solo dal diploma di Corrado III del 1140-41, in cui sono ricordate Rocca, Montrigone, Agnona e Seso "cum omnibus castris et villis" (Mor 1933, XIII, p. 25). Agnona è successivamente ricordata in vari documenti dal 1152 al 1247, anno successivo alla formazione del borgo franco di Seso.

Il Mor ricorda che "solo gli incastellamenti antecedenti al secolo XII, e continuatisi per il secolo seguente ebbero un'effettiva portata nella formazione di circoscrizioni territoriali, come s'è avverato anche per Agnona" (Mor 1960, p. 86) che appare più tardi legata al borgo di Seso come comunità autonoma col nome di Riparia di Agnona, comprendente Aranco, Foresto, Isolella e Doccio.

Del luogo "chiamato tuttora il castello [rimane] qualche rudere da cui appare essere stato più che un castello una torre d'avviso" (Ravelli 1924, I, p. 146).

I resti, coperti da folta vegetazione, sono stati schematicamente rilevati dalle ricognizioni a terra e hanno evidenziato tracce di un fabbricato a pianta quadrangolare, probabilmente la torre, chiuso da un recinto cui era annesso un fabbricato avente pianta rettangolare. Il complesso era, a quanto sembra, contornato, a quota leggermente più bassa, da un secondo recinto che seguiva i contorni dell'altura.

La tecnica costruttiva utilizza scheggioni di pietra locale a secco. Il rilevamento sommario, comunque suscettibile di approfondimenti e di verifiche, mostra un piccolo ma interessante impianto difensivo che occorrerebbe studiare in modo più ampio, e con metodo archeologico.

Aranco [ 9 ]

Tipo: torre.

Localizzazione: comune di Borgosesia, frazione Aranco, nel centro abitato.

Superficie: 80 mq.

Attestazione: non attestata.

Il luogo di Aranco è ricordato per la prima volta dai toponimici (de Auranchum) di alcuni valsesiani firmatari del giuramento dei patti stipulati dal Comune di Vercelli e dai conti di Biandrate nel 1217 (Mor 1933, XXIX, p. 73).

I documenti medievali tacciono sull'abitato di Aranco e sulla fortificazione del luogo, che, è da credere, abbia origini anteriori alla fondazione del borgo di Seso (1246), nel territorio del quale, e in regime di autonomia, più tardi, Aranco confluirà con la formazione della "Riparia di Agnona" (Mor 1960, p. 86).

La posizione del borgo, dominante un guado della Sesia situato proprio di fronte all'insediamento di Seso, ne fa un sito idoneo al controllo della riva destra del fiume e all'accesso della riva opposta. Forse per tale ragione la torre di Aranco potrebbe essere sopravvissuta sino ad oggi.

Il Ravelli ricorda che "un nero e tozzo fabbricato, il torrione, sito nel centro del paese e attualmente adibito a forno pubblico, lascia tuttavia supporre che quivi, in tempi andati, sia esistito un fortilizio o almeno una vedetta" (Ravelli 1924, pp. 49-50).

La torre, in buono stato di conservazione malgrado i rimaneggiamenti, presenta ancora le caratteristiche della fortificazione con i muri a scarpa del basamento e la poderosa tecnica costruttiva in grossi blocchi di pietra squadrata. Le dimensioni ragguardevoli e l'incertezza sulla presenza, in antico, di altri elementi fortificati non permettono di identificarla con una semplice torre di vedetta che sarebbe, comunque, pertinente ad un castrum di più grandi dimensioni.

Il fatto che le fonti non vi facciano cenno potrebbe avvalorare l'ipotesi della dipendenza di Aranco da uno dei castelli della zona, forse dallo stesso castrum di Seso, preesistente allo stesso borgo franco e ancora attualmente di incerta localizzazione, ma quasi sicuramente situato in riva sinistra del fiume, non lontano dal luogo in cui venne eretto il borgo, le cui fortificazioni non sono sopravvissute.

Seiso o Sesio, appare come ipotetico castrum con altre localià fin dal 1140-41 (Mor 1933, XII, p. 25) e è citato ancora nel 1209 (Mor 1933, XXII, p. 48). Nei primi decenni del Duecento il conte Gozio di Biandrate abitava in Seso dove possedeva una domus (Mor 1971, p. 53 nota 20), e dove, ancora nel 1237, risiedeva la vedova, contessa Oza. Seso era dunque un centro abitato di una certa importanza, sede di una antica curtis e, prima ancora, in epoca romana, del pagus Ucciensis, il cui territorio cominciò a sfaldarsi con la costruzione dei castelli di Robiallo, Montrigone, Vanzone e Agnona, nel corso del XII secolo (Mor 1971, pp. 48-49).

La fondazione del borgo franco, fatta risalire al 1246, ristabilì il controllo di Seso su una parte dell'antica giurisdizione e potrebbe avere inglobato nello stesso borgo una eventuale preesistente fortificazione, dove, probabilmente, era situata la domus del conte Gozio.

In tale ipotetico quadro la torre di Aranco potrebbe effettivamente configurarsi come pertinenza di Seso, sulla riva opposta del fiume.

Castello di Montrigone (Borgosesia)

 

Montrigone [ 10 ]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Borgosesia, località Montrigone, sul colle omonimo.

Superficie: 1200 mq.

Attestazione: 1140-41 (Mor 1933, XIII, p. 25).

La collina di Montrigone, residuo glaciale isolato nella piana di Borgosesia, attualmente si confonde con il tessuto urbano di Borgosesia ma, nel XII secolo, era località autonoma, essendo citata, in un documento imperiale del 1140-41, insieme con Rocca, Agnona, e Seso, cum omnibus castris et villis, fra i possessi feudali dei Biandrate (Mor 1933, XIII, p. 25). Sarebbe pertanto da annoverare fra i centri di più antica attestazione in Valsesia, dove, con ogni probabilità, esistevano già fortificazioni anteriormente alla data della conferma di Corrado III dei possessi feudali di Guido di Biandrate (Panero 1985, p. 27).

Proprio dal poggio di Montrigone provengono la bella cuspide di giavellotto di selce grigia, attribuita all' Eneolitico (Conti 1931, p. 27 e fig. 12), quattro piccoli bronzi votivi rappresentanti Ercole con la clava e la pelle di leone, frammenti di decorazioni marmoree, vari frammenti di ceramica e pietra ollare (Conti 1931, p. 82). Essi dimostrano, con altri importanti ritrovamenti dell'area di Borgosesia, l'antica frequentazione della zona, situata in posizione particolarmente favorevole, a guardia dello sbocco delle due valli dello Strona e del Cavaglia (Mor 1971, p. 52), presso il corso del fiume Sesia.

Nel 1217 Montrigone (castro Montis Orionis) viene ceduto, insieme con Robiallo, al Comune di Vercelli (Mor 1933, XXV, p. 53), e i Biandrate ne ricevono l'investitura dal podestà del comune, come vassalli (1224; Mor 1933, XXXVIII, p. 87).

Solo nel 1247 i conti cedono ogni loro diritto su Montrigone e Robiallo con la giurisdizione di tutta la Valsesia al Comune di Vercelli (Mor 1933 XLIV, p. 104) che, proprio l'anno precedente, aveva fondato il borgo franco di Seso (Mor 1971, p.57), nell'ambito della propria politica di espansione nei territori settentrionali.

Il Mor ritiene che Montrigone non avesse pertinenze territoriali e che non vi si fosse sviluppato un centro abitato, se non molto più tardi, quando già il territorio del monte entra a far parte della giurisdizione di Seso (Mor 1960, p. 84) e il castello risulta completamente inutilizzato.

L'abbandono del castello, che potrebbe risalire a data anteriore alla cessione del 1247 (Mor 1971, p. 55), sembra attestato dal silenzio delle fonti negli anni successivi, dove peraltro sono spesso citati i castra Rubialli,Venzoni et Roche, e certamente rientra nei progetti vercellesi per Seso, anche se non è dato sapere se ciò si deve alle cattive condizioni della fortificazione o ad un deliberato progetto.

Nel 1377 viene stilato un documento in loco Montergoni in domo abitationis Martini de Mazucho de Montergono (Mor 1933, CXI, p. 257), dal quale possiamo ritenere che in quel tempo la località fosse abitata e costituisse una pertinenza di Borgosesia. Il Dionisotti (Dionisotti 1871, pp. 59-60) ritiene che il castello sia stato demolito nel XIV secolo, scacciati i Biandrate, e ricorda che la chiesa di S. Anna venne costruita nel sito stesso, nel 1631.

Nei catasti di Borgosesia del XVI secolo sono comprese le terre di Montrigone, e da essi abbiamo il quadro di un piccolo aggregato presso la collina e della situazione della collina stessa 3. Infatti tali documenti riportano l'esistenza di due case in castro Montrigoni: domus... cum solario... et cum canepali et orto cum vinea et aliis plantis iacentis in castro Montrigoni, nelle coerenze della quale compare una muraglia item ad turrim et ab aliis muraglia castri et cum alia prosa extra murum castri inter muri castri e via comunis e domus una cum porticu... cum orto... iacentis in castro Montrigoni. Del castello, durante il secolo XVI, sopravvivono dunque mura esterne e interne e una torre (Cimmino Gibellini 1984, p. 12) e tali strutture dovettero in gran parte essere atterrate nel 1631, allorché venne costruita la chiesa. Il Ravelli riporta l'esistenza nella facciata di S. Anna di Montrigone di "alcune lesene con capitelli", giudicate "avanzi degli appartamenti degli antichi conti" (Ravelli 1924, I, p. 85).

L'altura di Montrigone, completamente isolata ancora nel 1960 (Vigliano in AA. VV. , 1960, tav. VII, fig. 3) e fortunosamente risparmiata dallo sviluppo urbano di Borgosesia, presenta tuttora un notevole interesse archeologico per le strutture che certamente il sottosuolo conserva e per gli indizi di frequentazione eneolitica e di epoca romana del poggio.

 

3 Dobbiamo alla gentile disponibilità e alla diligente attenzione della dottoressa Maria Grazia Cagna Pagnone, direttore dell'Archivio di Stato di Varallo, che qui sentitamente ringraziamo, la notizia contenuta nel catasto ivi conservato e la segnalazione di altro materiale bibliografico riguardante Montrigone.

 

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