Località fortificate

della

Provincia di Vercelli

(B)

 

I testi qui raccolti sono tratti dai volumi: Luoghi fortificati fra Dora Baltea, Sesia e Po. Atlante aerofotografico dell'architettura fortificata sopravvissuta e dei siti abbandonati. La presente edizione è liberamente scaricabile per uso privato, ogni altra utilizzazione a carattere pubblico, dell'intero testo o di parti di esso, comprese le illustrazioni, deve essere preventivamente autorizzata.

archeovercelli.it

 

 

Comune di Serravalle

 

Bornate [11]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Serravalle, frazione Bornate, sul colle dominante l'abitato.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: 1190 (Avonto 1980, p. 116).

Nel diploma imperiale di Ottone III del 7 maggio 999 vengono confermate a Leone vescovo di Vercelli le donazioni fatte da Carlo il Grosso al vescovo Liutvardo, fra queste compaiono Bornade et Grignasco et districtu vallis Scicide (Mor 1933, II, pp. 3-4). La località era dunque abitata fin dal X secolo almeno, ma la presenza di una rocca è attestata solo nel 1190 (Avonto 1980, p. 116), quando i Vercellesi, con un pretesto, occuparono il castello e fecero giurare ai signori di Bornate, nella chiesa di S. Maria di Bornate, apud castrum, un patto di alleanza e di sottomissione che assicurò loro il controllo della fortificazione. Nel 1243 il Comune di Vercelli acquistò la giurisdizione vescovile sui luoghi di Naula, Bornate e Vintebbio (Avonto 1980, p. 118), sviluppando il proprio programma di controllo dell'area che avrebbe portato, nel 1255, all'erezione del borgo franco di Serravalle, popolato dagli abitanti delle tre località limitrofe che in gran parte vi confluirono. Nel 1355 anche Bornate passò al dominio visconteo e, nel 1402, Gian Galeazzo Visconti infeudò Serravalle e la Valsesia ai Barbavara che, già nel 1409, vi furono scacciati da Facino Cane con l'aiuto degli stessi loro sudditi. Alla morte di Facino i feudi tornarono ai Visconti che promisero ai Valsesiani di mantenerli sotto la loro diretta signoria. Serravalle, essendo posta nel distretto di Vercelli, venne poco dopo ceduta ai Savoia, nel 1427, mentre il resto della Valsesia continuava a far parte del Ducato di Milano, mantenendo i propri privilegi e la propria autonomia. Nel 1557, al tempo delle guerre tra Francia e Spagna, la fortezza di Bornate, presidiata dai Francesi, fu espugnata e smantellata. Una descrizione dei ruderi, così come si potevano vedere nel 1938, fu pubblicata dal Piolo (Piolo s. d. , pp. 168-169), ed essa sembra coincidere con la pianta schematica che il Conti attribuisce al castello di Serravalle (Conti 1977, p. 186) :"è fondato sulla viva roccia, che scende in alcune parti a strapiombo sull'abitato. Domina le tre valli che vede aprirsi innanzi come un ventaglio: quella del Sesia, del Sessera e dello Strona. Luogo quindi di sicura difesa. Ora non è che un ammasso di rovine, ricoperte per opera del colono[...] che ha reso coltiva l'area già un tempo occupata dal turrito castello. A differenza del castello di Vintebbio, che è costruito essenzialmente con pietre del fiume Sesia, quello di Bornate invece venne edificato con sassi di natura porfirica tolti dalle rocce lì appresso. I muri che rimangono hanno uno spessore che varia da un massimo di m 1,50 ad un minimo di m 0,50 [...] Non vi è alcun segno dell'esistenza del fosso. Si scorgono alcuni resti delle mura di cinta, i ruderi della torre di vedetta a levante, segni di due torri d'angolo rotonde e nulla più" (si veda anche Avonto 1980, pp. 120-121). La ricognizione a terra ha rilevato solo pochissime tracce di murature, ormai quasi del tutto coperte dalla tenace opera agricola, ancor meno ha rivelato l'aerofotografia, se non la bellissima posizione del sito e ciò che forse resta di una torre, utilizzata come capanno. L'interesse dell'area è quindi, ormai, essenzialmente archeologico.

Serravalle [12]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Serravalle, nel centro abitato.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: 1467 (Avonto 1980, p. 119).

Serravalle ha origine come borgo franco del Comune di Vercelli, fondato nel 1255, dopo l'erezione di quelli di Gattinara (1242) e di Borgosesia (1246). Venne popolato dagli abitanti di Vintebbio, Bornate e Naula (Avonto 1980, p. 117), soprattutto di quest'ultima località, di antica origine romana e sede di una pieve già nel X secolo. Non tutti però accettarono di trasferirsi nel nuovo borgo, i castellani di Vintebbio e di Bornate restarono nei loro manieri con una parte della popolazione e molti uomini di Naula fondarono un nuovo centro a Piane, non lontano dalla loro chiesa che, infatti, sopravvive tuttora (Ordano 1991). La descrizione del Bellini del borgo di Serravalle, così com'era nel XVII secolo (Avonto1980, p. 117-118), è l'unico documento delle fortificazioni erette dai Vercellesi e oggi non più esistenti, da esso si apprende, inoltre, che il castello fu costruito in epoca successiva al borgo, in un quartiere denominato Reisetto, che fa pensare alla presenza di una fortificazione comune preesistente in quella parte del recinto: l'angolo nord occidentale, utilizzato, anche nell'impianto del borgo di Gattinara, come castello. "Il Borgo è di forma quadrata[...] e circondato di fossa e muro che negli angoli aveva certe torrette e dentro esso muro tra esso e le case vi s'interpone il corridore, alquanto rilevato dal suolo del Borgo. Ha due porte di doppia muraglia, una volta a mezzo dì e l'altra a mezza notte, correndo dall'una all'altra una contrada grande, che divide il Borgo per mezzo, e la qual viene traversata da cinque altre contrade minori, che finiscono nel corridore a levante e ponente e formano con la maggior contrada cinque croci, tutte diritte e tirate a filo. La fossa poi è stata alquanto spianata dagli abitatori per seminarvi ortaglie e il corridore in qualche luogo da edifici occupato. E ho letto in qualche istrumento farsi menzione dei quattro quartieri di esso Borgo, distinti dalla croce delle contrade di mezzo, dei quali uno si chiamava il quartiere del Reisetto, che è quello dove fu poi fondato il castello, e un altro detto di Cavagliasca non sovvenendomi del nome degli altri due". La porta di levante, che non viene ricordata dal Bellini, non vi doveva essere, essendo il fiume prossimo al recinto da quel lato (Avonto 1980, p. 118). La fortezza venne dunque fatta erigere dai Savoia fra il 1462 e il 1467, per far fronte alle invasioni da parte del Ducato di Milano e dei Valsesiani (Ravelli 1924, I, pp. 39-40; Avonto 1980, p. 118). Nel 1617 fu smantellata dagli Spagnoli. Il conte Marco Antonio Solomone diede inizio, nel 1580, all'attività di fabbricazione della carta in Serravalle, nel 1800 la Cartiera e l'annessa proprietà del castello rovinato, venne acquistata dagli Avondo, che riedificarono il castello in stile, nella forma attuale, che nulla ha in comune con l'originaria fortificazione, munita, a quanto pare, di cinque torri e di profondo fossato (Ravelli 1924, I, pp. 39-40). La pianta che il Conti attribuisce a Bornate (Conti 1977, p. 187) è tratta dal Piolo (Piolo s. d. , p. 168 ), e sembrerebbe riferibile, invece, al castello del XV secolo. Il sito del castello è ancora attualmente sede della Cartiera, non si può che segnalare l'edificio attuale quale esempio del gusto neogotico ottocentesco e per l' interesse archeologico che l'area può ancora conservare.

Piane [13]

Tipo: torre (?).

Localizzazione: comune di Serravalle, frazione Piane Sesia.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: non attestata.

L'attestazione della presenza di abitati medievali e di fortificazioni in questa località è dovuta allo storico serravallese Bellini, del secolo XVII. Le frazioni Piane e Mazzone erano denominate "torrione" e "castello" e, ancora nel 1617 erano visibili molti ruderi e costruzioni medievali (Conti 1931, p. 49). Il Conti ricorda anche il ritrovamento di "vasi e monete romane dell'alto impero" che fanno ritenere il luogo, molto prossimo a Naula, abitato fin dall'antichità e certo prima che vi si stabilissero le famiglie di Naula (Ordano 1991) che non accettarono di abitare il borgo franco di Serravalle (1255). La tradizione vuole che essi fossero i discendenti degli arimanni del luogo, uomini liberi non soggetti ad alcuna signoria. La ricognizione sul terreno ha permesso di individuare un sito dove ancora affiora un tratto di muro antico, sia pure rimaneggiato, e dove si vuole che esistessero altre strutture ormai scomparse. Sarebbe necessaria una ben più approfondita ricerca nella zona per chiarire meglio l'entità e la datazione delle tracce e dei resti che, comunque, hanno interesse eminentemente archeologico. Insieme con il sito di Naula che, dal secolo scorso ancora attende una sistematica verifica archeologica (Conti 1931, pp. 49 sgg.), le frazioni di Piane e Mazzone, meriterebbero una accurata ricognizione.

Vintebbio [14]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Serravalle, frazione Vintebbio, sull'altura che domina l'abitato.

Superficie: 1000 mq.

Attestazione: 1213 (Avonto 1980, p. 116).

Il toponimo di Vintebbio avrebbe origine da un nome personale romano, e i ritrovamenti archeologici nella zona, una spada del tardo periodo del Bronzo (Conti 1931, p. 33) e un'iscrizione funeraria su ciottolo fluviale (Conti 1931, p. 54), confermano l'antica frequentazione del luogo. La località appare citata nel noto diploma imperiale del 999, con Naula e Bornate, in cui venivano confermati i diritti della Chiesa vercellese su quei territori. Così come avvenne per Bornate, anche Vintebbio passò sotto il controllo del Comune di Vercelli con un intervento pretestuoso cui diede esca una lite fra i consignori del luogo, mediata dal vescovo di Vercelli. Nell'arco del primo trentennio del XIII secolo, Vintebbio passò gradatamente sotto la signoria vercellese. La prima menzione certa del castello che molto probabilmente preesisteva almeno di qualche decennio, è contenuta in un documento del 1213, dal quale si apprende che esso era ormai saldamente in mano vercellese. Nel 1230, infatti, Vercelli vi pose una guarnigione di sette uomini con un castellano incaricato della custodia della fortificazione (Avonto 1980, pp. 116-117). Nel 1341 il castello era ancora proprietà del comune vercellese e conservava la propria importanza nonostante la fondazione del borgo franco di Serravalle (Conti 1977, p. 187). Vintebbio seguirà più tardi il destino di Serravalle passando, nel 1427, dal dominio visconteo a quello dei Savoia. Nel 1557 il castello di Vintebbio venne, infine, espugnato e smantellato dagli Spagnoli, insieme con quello di Bornate (Avonto 1980, p. 119). Pur essendo attualmente ridotto a rudere, il castello presenta ancora in elevato interessanti elementi costruttivi (Canali 1990, p. 52): le feritoie della torre ovest, alcune bifore, resti dell'ingresso, il fregio a dentelli della torre d'avancorpo sud. Sarebbe quindi auspicabile la rilevazione complessiva del manufatto con metodo archeologico e l'innesco di un progetto di tutela finalizzato al recupero del complesso, di notevole interesse storico, architettonico e archeologico.

Comune di Lozzolo

Lozzolo [20]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Lozzolo, nel centro abitato.

Superficie: 2000 mq.

Attestazione: 1302 (Ordano 1985, p. 168).

Lozzolo, nelle carte medievali "Loceno", appartenne ad Arduino d'Ivrea e a suo figlio Ardicino, che ne vennero spogliati dall'imperatore Ottone III, nel 1000, per infeudarne la Chiesa di Vercelli. Nel XIII secolo il luogo passò alla famiglia vercellese dei Sonomonte. Nel 1302 i Sonomonte cedettero i diritti sul castello e sul borgo di Lozzolo agli Avogadro di Collobiano (Ordano 1966; Ordano 1985, pp. 167-168; Conti 1977, p. 162). Nonostante Lozzolo facesse parte delle località che si sarebbero dovute abbandonare per popolare il nuovo borgo di Gattinara, dopo il 1242 il centro sembra non essere stato toccato dal provvedimento e, anzi, pare acquistare importanza dopo tale data. Si è, infatti, avanzata l'ipotesi (Delmastro 1980) che il castello sia stato costruito proprio in opposizione alle pressioni del Comune di Vercelli e si è constatato come la chiesa di S. Giorgio, costruita presso il castello, diventi parrocchiale attorno al 1440 (Ordano 1985, p. 169), confermando la tendenza all'aumento demico del centro nei due secoli trascorsi dalle ingiunzioni della Credenza vercellese. Il castello fu edificato in cima al colle di Loceno. Il lato settentrionale con la torre a pianta circolare è la parte che meglio conserva l'aspetto originale. Tracce di merlature a coda di rondine sono visibili nei tratti di muro occidentale e meridionale. La torre situata all'angolo sud-est del recinto ha, subìto pesanti rifacimenti. Le condizioni di conservazione sono assai precarie. Molte strutture hanno subìto trasformazioni e riattamenti che ne hanno snaturato in modo irrimediabile l'aspetto.

Comune di Gattinara

Locenello [21]

Tipo: castello (?).

Localizzazione: comune di Gattinara, sulla collina ad est dell'abitato di Lozzolo, denominata "Uccineglio" nell'odierna cartografia, "Lucianei" nelle cartografie del XIX secolo.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: non attestato.

Locenello, compare nei documenti medievali solo nel 1243 (Panero 1985, p. 17). Era una delle località che diedero origine al borgo franco di Gattinara. Un castello piuttosto ampio conteneva la chiesa di S. Maria "oggi tutto allo stato di ruderi molto degradati" (Ferretti 1982, p. 407). La ricognizione del luogo, coperto da fitta vegetazione, non ha dato risultati per quanto concerne il recinto, ma ha individuato i ruderi della chiesa, effettivamente in cattivo stato di conservazione. Occorreranno ulteriori verifiche per chiarire l'andamento della pianta del recinto, racchiudente l'edificio religioso.

S. Lorenzo [22]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Gattinara, sul monte S. Lorenzo, a nord-ovest dell'abitato.

Superficie: 1000 mq.

Attestazione: 1187 (Panero 1985, p. 27).

La località di S. Lorenzo ebbe grande importanza tattica, nella politica del Comune di Vercelli, volta alla sottomissione dei Biandrate, al contenimento del marchesato di Romagnano e all'aggiramento ad occidente del Comune di Novara, trovandosi, inoltre, in posizione tale da controllare la strada per la Valsesia e l'Ossola. La costruzione di una rocca sul monte S. Lorenzo venne decisa dal Comune di Vercelli nel 1187, mediante la stipulazione di un accordo con il vescovo Alberto, proprietario del territorio (Ordano 1966). Il castello venne costruito in circa tre anni, e gli statuti comunali prescrivevano che fosse abitato dal castellano con tutta la famiglia e con una piccola guarnigione permanente (Ordano 1985, pp. 130-131; Avonto 1984, p. 111). Sull'altura di S. Lorenzo doveva però già essere presente l'antica chiesa di S. Lorenzo al monte (Dionisotti 1871, p. 276 sgg. ; Ferraris 1984, pp. 416-417) &laqno;da cui dipendevano, ancora nel 1148, diverse chiese del territorio» (Ferretti 1980, p. 15). Attorno ad essa doveva essersi formato un insediamento (Cenisio 1957, p. 18), abbandonato forse in seguito alla costituzione della nuova pieve di S. Pietro a Gattinara. Il Cenisio, inoltre, basandosi non si sa su quali documenti, ritiene che il castello sia stato dal Comune di Vercelli "rimodernato e ampliato" nel 1187 (Cenisio 1957, p. 20). Indizi di insediamento sono stati, in effetti, rilevati in seguito ad occasionali ritrovamenti intorno al monte (Ferretti 1980) che, fra l'altro, avrebbero fornito dati sull'esistenza di un più ampio recinto, del quale sarebbero emersi gli avanzi di una torre porta, e di alcune costruzioni. Purtroppo a tali ritrovamenti non hanno fatto seguito ricerche accurate e sistematiche. Il recinto della rocca, costruito con grosse pietre squadrate, ha pianta poligonale che segue i contorni dell'altura. La porta d'ingresso, ad arco, è ancora ben conservata. All'interno sono visibili le fondazioni di una massiccia torre a pianta rettangolare (m 7 x 6,40 circa, spessore m 1,60) (Ferretti Reffo 1990, p. 85) e di altre costruzioni non più identificabili. Sul lato orientale, scosceso su nuda roccia, si apre l'abside della chiesetta, le cui murature perimetrali fanno parte del recinto (Conti 1977, p. 48). Non è ancor chiaro se si tratti dell'antica chiesa incastellata, o se essa sia stata edificata contemporaneamente al castello. Lo stato attuale dei ruderi permetterebbe uno studio accurato del complesso per una migliore conoscenza dei particolari architettonici e per una ricostruzione dell'insieme. Sarebbe inoltre auspicabile un intervento di sistemazione e protezione delle strutture conservate e della località, di notevole interesse archeologico. La fotografia aerea mette in rilievo la particolare forma del recinto e la struttura raccolta della rocca. Sullo sfondo è visibile l'imbocco della Valsesia e il corso del fiume Sesia con il sito di Pian Cordova, indicato come insediamento di antica origine (AA; VV. s. d.), forse anch'esso un tempo fortificato o recintato, e facente parte della corte regia di Romagnano.

Le Castelle [23]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Gattinara, sulle alture a n-o dell'abitato.

Superficie: 3.500 mq.

Attestazione: secolo XI, dalla datazione alla termoluminescenza; 1233, dai documenti (Ferretti Reffo 1990, p. 84 -88).

La torre delle Castelle è stata purtroppo a lungo sottovalutata dagli studi, anche recenti, e non correttamente interpretata, insieme con le evidenti strutture che l'affiancano e che ne fanno uno dei più interessanti e complessi siti fortificati del nostro territorio. Il Cenisio ne scrisse raccogliendo leggende e fantasie (Cenisio 1957, p. 20), l'Ordano ne sottolineò l'interesse e propose la datazione della costruzione al XIII secolo, inserendola nel sistema di fortificazioni gattinarese (Ordano 1966). Successivamente tale indirizzo venne ripreso dal Conti e dall'Avonto (Conti 1977, p. 49; Avonto 1980, p. 111). L'inquadramento cronologico del sito venne poi rivisto ed aggiornato dall'Ordano, che rilevò la possibilità di un abbandono del castello nel XIII secolo (Ordano 1985, p. 135). Le notizie storiche sulla fortificazione, purtroppo scarse, sono state recentemente ordinate dal Ferretti (Ferretti Reffo 1990, p. 86 sgg.) in occasione della campagna di rilevamento della torre che ha permesso di effettuare campionature di materiali per la datazione alla termoluminescenza del manufatto, fatta risalire, con tale metodo, al secolo XI. Nel 1215 abitava alle Castelle Robaldo, figlio di Florio, miles legato ai Biandrate, nel 1233 lo stesso Robaldo stipulò un atto rogato presso la chiesa di S. Giovanni inter duo castra de Gatinaria. Nel 1281 appare la citazione juribus in domibus castrorum Gatinarie et advocacia ecclesie sancti Johannis que est in medio castrorum Gatinarie, dalla quale si ricava che la località doveva essere ancora abitata e efficiente. Solo nel corso del secolo XV le Castelle sarebbero state abbandonate (Ferretti Reffo 1990, p. 90). Non è quindi ancora ben chiaro chi sia il costruttore del complesso, ma il Ferretti ritiene possa trattarsi di una costruzione militare di portata regionale, non certo dovuta all'iniziativa di un vassallo locale. Quanto resta oggi del castello è sufficiente a darcene una immagine planimetrica generale, che sottolinea la particolarità dell'impianto gèmino. Situato sull'altipiano a forma di occhiale che ha una superficie di circa 8.000 mq, il castello è composto da due distinti recinti, di ampiezza pressoché equivalente. Lungo il lato settentrionale del recinto sud si innalza la torre con ingresso elevato. Fra i due recinti era la chiesa di S. Giovanni alle Castelle, menzionata nei documenti del XIII secolo (Ferretti Reffo 1990, pp. 90-91). Essa presentava abside orientata ad est e ingresso sul lato meridionale, rivolto alla torre che lo fronteggiava. è ipotizzabile che l'area compresa fra i due recinti fosse in qualche modo protetta e contenesse, oltre alla chiesa, qualche edificio; non esistono tuttavia documenti, né tracce materiali che ne diano conferma. Probabilmente la residenza signorile, se vi fu, è da collocarsi presso la torre, all'interno del recinto meridionale. Anche le Castelle, così come avviene a Rado, sembra non aver subìto importanti modifiche e potrebbe aver conservato l'impianto, molto particolare per la natura del terreno, di una fortezza dell'XI secolo. La località è di indubbio interesse archeologico, anche se la chiesa è stata completamente ricostruita. La presenza deturpante del ripetitore, e di altre inopportune strutture recenti, si auspica possa essere eliminata con lo spostamento in sito idoneo, sarebbe così ripristinata la maestosa bellezza della località. La fotografia aerea rende giustizia all'importanza della fortificazione, mostrando evidenti tracce dei due recinti e sottolineando la forma dell'altipiano.

Castellazzo di Gattinara [24]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune diGattinara, anord-ovest dell'abitato, regione "Villazza" e "Castellazzo".

Superficie: non determinabile.

Attestazione: non attestato.

Presso il luogo ove sorse il borgo franco di Gattinara esisteva la villa omonima con relativo castello. Su di un'altura a nord-ovest sono ancora visibili i ruderi della chiesa di S. Giovanni, un tempo situata all'interno del recinto (Ferretti 1982, p. 407). La località venne certamente abbandonata nel 1242, anno dell'erezione del borgo franco

Castello di Balard [24*]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Gattinara, a nord-est dell'abitato sul greto del fiume.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: non attestato.

Un caposaldo delle fortificazioni gattinaresi venne costruito nel XV secolo presso la Sesia (Conti 1977, p. 49). Di esso nulla sappiamo e non ne rimangono più tracce. Venne probabilmente distrutto dagli Spagnoli, insieme con il castello del borgo, nel 1616.


Castello del Borgo [24**]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune diGattinara, spigolo nord-ovest dell'abitato.

Superficie: 1300 mq.

Attestazione: secolo XIV (Ferretti 1982, p. 419 e p. 421)

Nel secolo XIV fu ampliata la cerchia muraria del borgo di Gattinara, comprendendo aree a nord, ovest e sud del vecchio recinto. Nell'angolo nord-ovest di tale nuova cerchia venne costruito un castello (Ferretti 1982, p. 419 e p. 421) analogamente a quanto avvenuto a Serravalle. Distrutto dagli Spagnoli all'inizio del XVII secolo, se ne possono vedere ancora le rovine nella tavola del Theatrum Sabaudiae dedicata a Gattinara.

Rado [25]

Tipo: castello.

Localizzazione: Comune di Gattinara, a sud dell'abitato, fra il santuario di S. Maria di Rado e la Sesia.

Superficie: 6.000 mq.

Attestazione: 1185 (Panero 1985, p. 27).

L'abitato di Rado, di antica origine, era ancora fiorente nei secoli X-XI (Cenisio 1957, p. 18; Ordano 1966). L'antichità e l'importanza del borgo sarebbero sottolineate, fra l'altro, dal fatto che le antiche misure frumentarie radesi erano ancora in uso localmente quando già esso non esisteva più (Ordano 1985, p. 202). La progressiva decadenza dell'abitato, fra XII e XIII secolo, è attribuita all'azione politica del Comune di Vercelli e a possibili trasformazioni del territorio, dovute ad alluvioni o a deviazioni dell'alveo del fiume. Essa è segnata, inoltre, dalla perdita, verso la metà del XII secolo, dell'antica pieve, già elencata nel secolo X e, pertanto, fra le più antiche e vaste della diocesi, La costituzione del borgo franco di Gattinara, ad opera dei Vercellesi, nel 1242, provocò, infine, l'abbandono degli abitati della zona, costringendo le famiglie di Rado, Mezzano, Loceno e Locenello a trasferirsi nel nuovo insediamento e a smantellare le proprie case per recuperare i materiali da costruzione riutilizzabili. I resti del castello, pur essendo ridotti a ruderi, sono tuttora significativi e documentano, caso rarissimo in Italia settentrionale (Settia 1984 c, p. 380), la struttura materiale di un castrum di origine altomedievale che non ha subìto nel corso dei secoli significative trasformazioni, fornendo un modello unico per lo studio dell'insediamento fortificato. Le strutture sopravvissute, segnalate dal puntuale studio che ne fece l'Ordano (Ordano 1979) e recentemente rilevate e studiate da A. Perin, parallelamente con un'accurata analisi dei documenti, curata da P. Galimberti (AA. VV. 1990 a, pp. 83-101; pp. 115-117), permettono la ricostruzione del complesso, così come doveva presentarsi nel XIII secolo, prima dell'abbandono. Il perimetro difensivo è costituito da una cortina muraria, ormai frammentaria, con pianta approssimativamente quadrangolare. L'ingresso, al centro del lato occidentale, doveva essere difeso da una torre porta, della quale non rimane che un labile indizio. Nell'angolo sud-est era collocato il dongione, su di un rialzo, probabilmente artificiale, contornato da un muretto di sostegno. Esso è composto dal mastio, del quale sopravvive solo uno dei lati, per un'altezza di circa 16 m , e da un piccolo edificio a due piani che gli era addossato. La chiesa di S.Sebastiano,probabilmente preesistente al recinto, è situata nell'angolo sud-ovest del perimetro; ha due navate con abside rivolta ad oriente e ingresso sul lato settentrionale. L'analisi dei pochi resti permette di ipotizzare la presenza di edifici all'interno della fortificazione, lungo i lati est, nord e ovest. Un tratto del fossato è ancora visibile lungo il lato occidentale. Della villa, attestata dai documenti coevi, non resta alcuna traccia visibile. Solo un lungo tratto di un forte e basso muro costruito a secco con direzione est-ovest, è stato riscontrato poche decine di metri a sud-ovest della chiesa, ponendo un problema di interpretazione e di datazione ancora di difficile soluzione. L'interesse archeologico e architettonico dei resti è notevole e sono necessari interventi di tutela tendenti al recupero complessivo. La foto aerea verticale, eseguita in situazione vegetazionale ottimale e in condizioni di luce radente, permette di avere una veduta complessiva dei resti del recinto, con esaltazione dei microrilievi.



 

 

 

 

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