Località fortificate

della

Provincia di Vercelli

(D)

 
 

I testi qui raccolti sono tratti dai volumi: Luoghi fortificati fra Dora Baltea, Sesia e Po. Atlante aerofotografico dell'architettura fortificata sopravvissuta e dei siti abbandonati. La presente edizione è liberamente scaricabile per uso privato, ogni altra utilizzazione a carattere pubblico, dell'intero testo o di parti di esso, comprese le illustrazioni, deve essere preventivamente autorizzata.

archeovercelli.it

 
 

Comune di Balocco



Balocco [36]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Balocco. Lato meridionale del centro abitato.

Superficie: 1500 mq.

Attestazione: 1186 (Panero 1985, p. 27).

L'attuale configurazione del castello è certamente frutto di una riduzione del perimetro di un originario recinto fortificato, avvenuta nei primi decenni del XV secolo. Nella descrizione riportata in un documento del 1186 esso doveva comprendere la chiesa plebana di S. Michele, sita intus castri Badaloci (Ordano 1985, p. 71), che ancora in tale condizione appare nel 1195 (Settia 1984 c, p. 472). La sua tipologia dovette dunque essere quella del castello recinto (Conti 1977, p. 136), legato alla famiglia dei Confalonieri , signori e, successivamente, consignori di Balocco, a partire dall' XI secolo. L'antica fortificazione andò distrutta nel 1401 ad opera di Facino Cane, ripristinata, fu data alle fiamme dai Rovasenda nel 1413. L'attuale costruzione è in gran parte attribuibile al XV secolo (Ordano 1966). Restano parte della torre d'ingresso, riadattata, alcuni tratti della cortina con i residui delle due torri orientali, l'una a pianta quadrata, l'altra circolare. L'accesso, un tempo sul lato meridionale, è ora su quello settentrionale. L'imponente mastio, costruito con pietra squadrata per una buon terzo dell'altezza, sembra conservare caratteristiche strutturali riferibili ad epoca anteriore alle riedificazioni quattrocentesche (Cenisio 1957, p. 67). E' possibile che dalle strutture sopravvissute, che probabilmente costituirono il nucleo signorile del recinto originario, si dipartissero il fossato e il muro che cingevano la chiesa di S. Michele e una porzione dell'abitato, non è dato sapere con quale ampiezza. La fotografia aerea e la cartografia catastale mostrano come possibili confini meridionali e occidentali possano essere tuttora segnati dalla roggia e dall'accumulo di pietrame coperto da sterpaglia che segue il moderno muretto di confine della cascina attigua alla casa parrocchiale, quest'ultima risalente al XV secolo (Cenisio 1957, p. 68). Ad oriente, la piccola casa colonica quattrocentesca (Avonto 1980, p. 152), ora isolata, potrebbe essere indizio della presenza di un abitato, già in antico attiguo al castello e circondato dal recinto. L'originario perimetro poteva forse comprendere, dunque, tutta l'area, ora destinata ad orto, ad oriente del castello e il terreno compreso fra questo e la roggia. In tale ipotetica configurazione chiesa e castello occuperebbero una posizione centrale; non esistono, tuttavia, elementi per dare concretezza all'ipotesi, e i confini settentrionali del perimetro non sono evidenziati da alcun dato.

Bastia [37]

Tipo: casaforte.

Localizzazione: frazione Bastia, comune di Balocco, nel centro abitato.

Superficie: 1000 mq.

Attestazione: le parti più antiche risalgono al secolo XIV (Ordano 1966).

La casaforte, o bastìa, viene comunemente posta in relazione con il vicinissimo castello di Balocco (Cenisio 1957, p. 68; Conti 1977, p. 136; Ordano 1985, p. 75), del quale potrebbe costituire una posizione avanzata. Non esistono documenti in grado di chiarire le origini della fortificazione, dalla quale si sviluppò, solo nel XVI secolo, il centro abitato di Bastia, la cui parrocchia è documentata a partire dalla seconda metà del Cinquecento. L'edificio ha una pianta piuttosto irregolare e ha subìto aggiunte nel tempo, l'ultima delle quali, risalente al 1824, ha interessato il lato meridionale (Ordano 1985, p. 75). Le più antiche strutture architettoniche, datate al XIV secolo, permettono di supporre che la costruzione sia nata, nella forma attuale, in tale secolo. Il termine bastìa, il cui significato di fortificazione semipermanente è sottolineato dal Conti (Conti 1977, p. 136), potrebbe, tuttavia, far risalire la fortificazione dell'altura ad epoca più antica, e nella forma di apprestamento militare provvisorio, in terra e legno, più appropriato alla denominazione che il luogo ha conservato.

Comune di Buronzo

Buronzo [38]

Tipo: castello consortile e ricetto (?).

Localizzazione: comune di Buronzo, nel centro abitato.

Superficie: 10000 mq.

Attestazione: 1039 (?) (Panero 1985, p. 26; Ordano 1985, p. 89).

La località di Buronzo appartenne ai signori di Casalvolone dal 1039, solo verso la metà del XII secolo un ramo della famiglia prese denominazione dal luogo (Ordano 1985, p. 89; Conti 1977, p. 55). Dalle numerose discendenze di tale ceppo si formarono i vari "colonnellati" ai quali si deve la particolare struttura &laqno;consortile» della fortificazione; esempio unico in Italia di tale portata e complessità urbanistica (Conti 1977, p. 56; AA. VV. 1990 c). Circa il problema dell'identificazione in pianta delle varie strutture componenti il complesso (Ordano, 1985, p. 89) e sulla presenza, in località pianeggiante a nord e ai piedi della rocca signorile, di un ricetto (Settia 1976, nota 43; Viglino Davico 1979, p. 63; Ordano 1985, p. 91) documentato dalla seconda metà del Trecento, può essere utile il confronto del materiale aerofotografico con la cartografia catastale. In particolare, per la posizione del ricetto, sono da registrare due interpretazioni divergenti: quella della Viglino Davico, che ritiene il ricetto fosse situato a nord, ai piedi del castello, nei pressi dell'attuale piazza del mercato, dove sono visibili tuttora alcuni edifici medievali; e quella dell' Avonto (Avonto 1980, p. 140) che, sulla base di una coerenza contenuta in un documento del 1370 (in receto Buruncij in via publica prope murum ecclesie castri Buruncij), suppone che il ricetto si trovasse nella zona alta, in prossimità della chiesa di S. Abbondio e del ponte levatoio che dava ingresso alla rocca, in quanto nel documento del 1382, riportato dal Settia, è fatta menzione di un ponte. è possibile, tuttavia, che il murum ecclesie si riferisse non già ad un muro perimetrale della chiesa ma al contrafforte esterno, rivolto a nord, mentre il ponte, genericamente ricordato dal più tardo documento, potrebbe riferirsi ad una struttura diversa da quella ipotizzata. La presenza di un castello contenente la chiesa, e di un ricetto adiacente è, comunque, chiaramente espressa dal documento del 1370. La &laqno;rocca», così chiamata ancor oggi per distinguerla dal resto del castello, denominato "castellone" (Conti 1977, p. 56, nota 6), appare con la torre, quod est super palacium, in un documento del 1303 (Settia 1984 c, p. 432, nota 380). Si tratta evidentemente dell'elemento centrale e, probabilmente, più antico del complesso, corrispondente alla parte signorile del recinto originario, cui ben si attaglia il termine palacium. La &laqno;rocca» occupa lo spigolo settentrionale di un ampio perimetro racchiudente un'altura dotata di splendida posizione difensiva e di controllo, dove la chiesa di S. Abbondio, menzionata in documenti del secolo XIII (Ordano 1966), e alcune caseforti di impianto quattrocentesco (Cenisio 1957, p.45 ), formano la piazza, inserita nel tessuto urbanistico della fortificazione. Non lontano dalla piazza si affaccia la torre d'ingresso della &laqno;rocca», e, più a sud, altri edifici medievali e una casaforte con ampio loggiato e torre d'ingresso suggeriscono la prosecuzione del "castellone" che doveva contenere ben otto caseforti (Ordano 1985, p. 89). Indubbiamente la complessità del tessuto urbanistico conservato e il degrado di alcune parti, segnatamente della &laqno;rocca», renderebbero auspicabile lo studio accurato dell'esistente e un progetto di recupero globale. L'attuale sistemazione della piazza sottostante il castello e le costruzioni recenti che si affiancano alla fortificazione costituiscono certamente esempi negativi dal punto di vista della conservazione di un complesso la cui unicità è stata più volte sottolineata.

Comune di Villata

Villata [50]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Villata, nel centro abitato.

Superficie: 2500 mq.

Attestazione: seconda metà del XIV secolo (Ordano 1966, Ordano 1985, p. 281).

La località, identificata con l'antica "Villanova di Casalvolone", non senza dubbi e incertezze sul cambiamento del nome del luogo (Ordano 1985, p. 281, nota 1; Avonto 1980, p. 291) , è compresa, con Casalvolone, nella diocesi novarese, e l'irregolarità del confine diocesano, anche in questo caso, ha fatto supporre che vi siano stati mutamenti nel corso del fiume Sesia (Ferraris 1984, pp. 5-6). Villata, che dalla fondazione dovette dipendere da Casalvolone, sembra acquisire propria autonomia dal 1368; in un atto del 16 giugno di tale anno, infatti, un consignore di Buronzo lega alla chiesa di S. Barnaba di Villata alcuni terreni posti in curte et territorio dicte Villate, fatto che denoterebbe come il luogo fosse ormai un entità territoriale a se stante (Avonto 1980, p. 293). La particolarità della fortificazione di Villata sta nel fatto che, sebbene non si tratti di un castello vero e proprio non avendo al suo interno un'abitazione signorile, non è nemmeno definibile ricetto in quanto le abitazioni che contiene sono evidentemente permanenti (Conti 1977, p. 195), almeno nella fase costruttiva tarda. L'espressione, coniata dall'Ordano, di "fortezza-ricetto" (Ordano 1966) è, probabilmente, "quella che meglio risponde al dato architettonico". L'impianto del complesso è quadrilatero, leggermente irregolare, con torre porta d'ingresso, munita di pusterla. Sul lato opposto era una pusterla &laqno;di soccorso», ora murata. Un largo fossato doveva circondare l'area, poiché l'ingresso era assicurato da un ponte levatoio di cui sono evidenti tracce nella torre, dalla quale si eleva un'esile torretta cilindrica. Una seconda cortina esterna, concentrica, è rilevabile da una mappa del 1723 (Viglino Davico 1979, p. 66). L'insieme dell'edificio è ancora oggi in buono stato di conservazione. Solo su uno dei lati ricostruzioni e &laqno;abbellimenti» ottocenteschi hanno snaturato le forme dell'originale architettura militare. All'interno sono tuttora visibili tracce di cellule a due vani sovrapposti, ma gli edifici hanno subìto ampie manomissioni. La torre, di costruzione quattrocentesca, fa parte di un generale riassetto del castello, effettuato posteriormente al 1378, dopo la sotttomissione del borgo ai Visconti (Viglino Davico 1979, p. 66). La struttura del castello, ben isolata dal tessuto urbano circostante, è tuttora imponente, e l'interesse del monumento richiederebbe una accurata conservazione, quanto meno delle coperture dei tetti, ed un piano di recupero globale.

Comune di Borgovercelli

Borgovercelli [51]

Tipo: castello.

Localizzazione: comune di Borgovercelli, nel centro abitato.

Superficie: 5000 mq.

Attestazione: 956 (Panero 1985, p. 26).

Per la sua posizione, di estrema delicatezza per le mire espansionistiche del Comune di Vercelli, Borgovercelli (Bulgaro), del cui castello si ha memoria già dal X secolo, entrò assai precocemente nella sfera di influenza vercellese oltre Sesia, come preziosa testa di ponte verso Biandrate e Novara. Il 16 luglio 1149 i consoli del comune vercellese accettarono la donazione della torre del castello di Bulgaro, non è dato sapere in che modo ottenuta (Ordano 1966; Ordano 1985, p. 82), dai signori del luogo. Essa fu da quell'anno presidiata e accuratamente protetta dalla Credenza con particolari clausole inserite negli statuti. Della originaria fortificazione più nulla rimane, essa doveva comprendere il forte dongione e la cappella castrense di S. Pietro, dotata di beni nel 995 (Ferraris 1984, p. 30), nonché l'abitazione dei signori di Bulgaro, che continuarono ad avere diritti sul luogo. Tra il 1356 e il 1363 la torre, e tutto quanto era annesso al castello, fu fatto abbattere da Galeazzo Visconti -&laqno;turrim Bulgari cum castro fortilitio explanaverit, scrive il cronista Pietro Azario» - (Ordano 1985, p. 83), nel corso della feroce guerra contro il marchese di Monferrato. "Solo dopo il 1411, in forza di un accordo concluso tra i signori e la comunità di Borgovercelli, venne ricostruito un nuovo castello sulle rovine del primo" (Ordano 1966). La nuova fortificazione doveva avere forma quadrilatera con torri a pianta circolare agli spigoli. Una torre porta, dotata di rivellino, custodiva l'ingresso posto ad oriente, e il recinto era circondato da un ampio fossato (Conti 1977, p. 140). Attualmente soppravvive in cattivo stato di conservazione solo la torre sud occidentale, e un tratto di cortina. L'area del castello, reso celebre dall'aver ospitato Torquato Tasso nel 1574, è attualmente appena identificabile, ma conserva per l'antichità e l'importanza delle fortificazioni che vi si sono avvicendate, un notevole interesse archeologico. Sarebbe auspicabile uno studio accurato delle soppravvivenze e delle documentazioni storico-catastali e una attenta vigilanza ai lavori di scavo e di manutenzione degli edifici pertinenti al perimetro.

Comune di Motta dei Conti

Motta de'Conti [67]

Tipo: castello

Localizzazione: Comune di Motta de'Conti, ai margini dell'abitato.

Superficie: 2500 mq.

Attestazione: 1248-49 ? (Panero 1985, p. 27).

Il luogo compare molto tardi nei documenti, nonostante la presenza di reperti risalenti all'epoca romana (Viale 1971, p. 61). L'origine del castello di Motta dei Conti è soggetta a diverse interpretazioni. Il Casalis ne attribuisce la fondazione alla famiglia vercellese dei Cipelli, originari di Lodi, investiti in seguito del titolo di conti della Motta; ma questa famiglia compare nel nostro territorio solo nel XV secolo, fatto che implicherebbe una datazione del castello almeno al 1400. Di diversa opinione sono l'Ordano e l'Avonto, i quali ricordano che il castello fu eretto, a scopi offensivi, dai conti palatini di Lomello, nel secolo XIII, quando ebbero interessi presso questa sponda del fiume. Il Conti, infine, pur non confutando l'opinione dell'Ordano, avvalorata, oltre che dai documenti storici, dalle caratteristiche architettoniche (specialmente nella parte piú antica, quella occidentale), preferisce attestare la fondazione del castello nell'epoca compresa fra quella ipotizzata dall'Ordano e quella indicata dal Casalis, cioè nel XIV secolo (Ordano 1966; Conti 1977, p. 169; Avonto 1980, p. 175; Ordano 1985, p. 179). Secondo il Panero, Motta potrebbe essere identificata con la villa nuper hedificata ab Henrico de Candia citra Sicidam, citata nel 1242 (Panero 1985, p. 18). I primi signori del castello furono comunque i conti di Lomello, un ramo dei quali assunse il titolo di conti Langosco della Motta. In seguito a diverse vicissitudini e passaggi di feudo il castello divenne, nel XVII secolo, di proprietà della famiglia Cipelli. Il castello fu sottoposto a incendi, saccheggi e devastazioni, provocate, oltre che dagli Spagnoli, acquartierati presso la Villata di Candia, dall'altra parte della Sesia, dalle truppe nemiche o amiche che alloggiavano al suo interno. All'inizio del XVIII secolo subì l'ultimo attacco, per opera dei Francesi. Intorno all'edificio fortificato, costruito su di un'alzata di terra (da cui deriva il nome di motta), si sviluppò un villaggio, i cui abitanti trovarono nel luogo sopraelevato e protetto dal castello un ottimo riparo dalle frequenti inondazioni della Sesia e dagli altrettanto frequenti attacchi nemici. Al castello si affiancò una chiesa, che, per il gran numero di abitanti attirati dalla posizione, divenne parrocchiale, smembrata da quella di S. Emiliano di Villanova, dopo il 1390 (Avonto 1980, p. 276). Nonostante i ripetuti rimaneggiamenti le strutture essenziali del castello, originarie del XIII secolo, sono ancora visibili. La parte occidentale della fortificazione è sicuramente la piú interessante per la presenza della torre d'ingresso a pianta quadrata, di un'antica merlatura guelfa sotto il tetto e di minuscoli avanzi di antiche finestre con cornici in cotto. Il castello, da tempo disabitato e in rovina, è stato recentemente oggetto di lavori di riattamento.

Comune di Caresana

Caresana [68]

Tipo: castello.

Localizzazione: Comune di Caresana, nel'angolo nord est del centro abitato.

Superficie: 2500 mq la rocca, il complesso circa 20.000 mq.

Attestazione: 987 (Panero 1985, p. 26).

Del luogo di Caresana, di antica origine e ricco di testimonianze archeologiche di epoca romana (Bussi 1975, p. 69 sgg.; Sommo 1990, p. 142 sgg.), è fatta menzione per la prima volta in un diploma di Carlo il Grosso dell'882 nel quale la signorìa sulla località venne restituita alla Chiesa di Vercelli (Bussi 1975, p. 82), che quindi ne doveva avere anteriormente il possesso. Un recinto fortificato, con tonimen (palizzata) e fossato, è attestato nel 987 (Settia 1984, pp. 215 e 218) nell'atto di donazione del marchese Corrado e della moglie Richilda della &laqno;corte di Caresana» , con recinto e cappella situata fuori di esso, e nelle sue successive conferme (Bussi 1975, p. 84; Settia 1984, p. 278 e 280 nota 43). La Chiesa vercellese, e i canonici di S. Eusebio dal 1170, ebbero giurisdizione su Caresana sino all'inizio del XIII secolo, quando, nel 1233, mediante patto di affrancamento, la Chiesa sollevò gli abitanti da ogni genere di servitù, costituendo praticamente Caresana in borgo franco sotto la protezione del Comune di Vercelli, che assicurò particolari privilegi daziari. La corte di Caresana, comprendente un vasto territorio che si spingeva a sud sino al bosco e grangia di Gazzo (Bussi 1975, p. 85), fu il piú importante possesso fondiario della Chiesa eusebiana, che non cessò di esercitarvi diritti signorili anche in epoca comunale, dopo il 1255, anno in cui il Comune di Vercelli intervenne per rinnovare l'affrancamento e costruire un nuovo borgo che, posto ai margini dell'antica villa di Caresana, ne potesse accogliere la popolazione (Panero 1981, p. 22). Caresana, insieme a Gazzo e ad altre terre sulla riva destra della Sesia, subì l'occupazione da parte dei conti di Lomello, che la tolsero ai canonici di S. Eusebio sino al 1254 (Avonto 1980, p. 275). Il castello venne affidato poi, nel 1256, ad un membro della famiglia patrizia vercellese dei Dionisio e tale famiglia mantenne la signorìa sulla "rocca" fino al XVII secolo (Bussi 1975, p. 95; Bussi 1982, p.72). Il perimetro della fortificazione (il fossatum ville è attestato nel 1156: Settia 1984, p. 483 nota 45; il fossatum castri nel 1167, ACV, I, CCIII, p. 244), che nel IX secolo misurava 3981 mq, è con ogni probabilità da identificarsi con la &laqno;rocca», occupante l'angolo nord occidentale dell'area, delimitata da fossato e mura ancora nel XVII secolo (Bussi 1982, p. 77 ). In quell'epoca troviamo la &laqno;rocca» affiancata da una struttura comunitaria ormai fatiscente, che potrebbe avere avuto la propria origine dalle caneve (magazzini), attestate già nel 1156 (Settia 1984, p. 455 e 465 nota 125). Il disegno a penna dei primi del '600, pubblicato dal Bussi (Bussi 1982, p. 77), è molto utile per avere un'idea della situazione delle fortificazioni prima del loro abbattimento, posteriore al 1741, anno in cui fu redatta la &laqno;mappa territoriale» conservata presso il Comune di Caresana, che mostra ancora la pianta del castello (Bussi 1975, p. 77). Attualmente sono visibili tracce della torre di sud est e qualche porzione di casa databile al XIII-XIV secolo. Della "rocca", sostituita da un grande fabbricato agricolo e residenziale, non rimangono segni tangibili. L'area, nonostante le manomissioni e le poche porzioni di case a schiera ancora leggibili, conserva un notevole interesse architettonico e archeologico. Occorrerebbe una migliore attenzione nelle opere di sistemazione e ammodernamento degli antichi fabbricati e sarebbe auspicabile la conservazione, almeno nelle poche parti residuali, di alcune delle tipiche unità abitative comunitarie.

Comune di Stroppiana

Stroppiana [69]

Tipo: castello e ricetto.

Localizzazione: Comune di Stroppiana, nel centro abitato.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: 1394 (Avonto 1980, p. 272).

Il luogo è nominato per la prima volta in un diploma imperiale del 1014, nel quale si dispone la confisca di beni appartenuti ad un Aribertus de Stripiana, fautore di Arduino. Ebbero diritti signorili su Stroppiana, fra XII e XIII secolo, i Brembano, nel XIV i de Blandrate. Alcune parti del feudo erano inoltre di spettanza dei Langosco, di Stroppiana e della Motta, e diritti sul castello furono acquistati ai Brembano dai Tizzoni verso la fine del XIV secolo (Avonto 1980, p. 272). La presenza di un castello, sebbene attestata per la prima volta da un documento del 1394, è da ritenersi assai probabilmente anteriore. La struttura del complesso, espressa dai termini castrum planum (Settia 1984, p. 381) e fortilicia sive domignonum e rocheta usati nel 1394, dovette essere quella tipica del recinto con il dongione collocato ad uno degli spigoli. In seguito, in atti del 1441, è fatta esplicita menzione di un domingnono e recetto di Stroppiana di pertinenza signorile, nello stesso anno ricostruito sui resti dell'antico con un accordo fra i consignori del luogo e la comunità, causa cuiusdam fortilicij de novo construendi (Avonto 1980, p. 272). La documentazione successiva, fra XVI e XVII secolo, mostra come i consignori di Stroppiana abbiano cominciato ad alienare parti del castello di loro spettanza agli abitanti del luogo, che pare si siano frequentemente ritirati in esso per i "pericoli di guerre". Nella mappa del catasto di Stroppiana del 1741 il castello si trova già in totale abbandono e attualmente l'edificio, tradizionalmente denominato "castello", è privo di qualsiasi caratteristica militare.Il sito conserva, comunque, un non trascurabile interesse archeologico.

 


Comune di Rive

Rive [70]

Tipo: castello.

Localizzazione: Comune di Rive, ai margini del centro abitato.

Superficie: 2500 mq.

Attestazione: 1268 (Panero 1985, p. 27).

La località, la cui supposta origine romana non è suffragata da elementi concreti, compare nei documenti solo nel 1210 (Panero 1985, p. 20) e le prime notizie del castello risalgono al 1268 (Avonto 1980, p. 265), quando la fortificazione già rivestiva un notevole ruolo come roccaforte ghibellina ai confini fra il Vercellese e il Monferrato. I primi signori di Rive di cui si trovino indicazioni documentarie sono i Tizzoni, potente famiglia vercellese che deteneva diritti feudali anche nelle località di Desana, Crescentino e Balzola. Giacomo Tizzoni di Rive "capeggiò i ghibellini vercellesi e nel 1275 li riportò a Vercelli, cacciando gli Avogadro e la loro parte" (Ordano 1985, p. 207). I Tizzoni poterono quindi rientrare in possesso del castello di Rive, che era stato espugnato, insieme a quello di Balzola, dai guelfi novaresi, vercellesi e milanesi. Il castello appare notevolmente trasformato da "abbellimenti" del secolo scorso, in particolare spiccano le merlature e le aperture delle due torri e la terrazza situata fra di esse sopra l'ingresso. Ancora nel Quattrocento il complesso era circondato da un profondo fossato alimentato dalla roggia Molinara ed era dotato di torri e di ponti levatoi. (Ordano 1966). Una cappella dedicata a S. Carlo si trova tuttora a piano terra, a fianco del portone di accesso (Ordano 1985, p. 208). La pianta, pressapoco ottagonale, del recinto ricalca quella preesistente, della quale si ha testimonianza in un documento del 1702, a proposito di una torre pericolante che venne demolita in quell'anno (Avonto 1980, p. 270). Il pozzo, situato al centro del cortile, è stato scoperto in seguito alle recenti opere di restauro (Avonto 1980, p. 271), che hanno posto rimedio alla pesante situazione dell'edificio riscontrata negli anni Settanta (Conti 1977, p. 180), ma con qualche intervento discutibile, soprattutto per quanto riguarda il trattamento degli esterni. L'interesse del sito, anche dal punto di vista archeologico, permane notevole.


Comune di Pertengo

Pertengo [71]

Tipo: residenza castellata.

Localizzazione: Comune di Pertengo, nel centro abitato.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: 1613 (Cenisio 1957, p. 97).

Ritrovamenti di epoca romana sono riferiti dal Cenisio in località San Nicola, a due chilometri dal paese (Cenisio 1957, p. 98), dalla stessa zona proviene un bronzetto votivo ora al Museo Leone di Vercelli (Sommo 1984, p. 72). Il toponimo di Pertengo è citato per la prima volta in un documento del 1152 (Panero 1985, p. 19) come possesso della Chiesa vercellese, successivamente compare nel 1195 (Sella 1917, p. 14) in una sentenza dei consoli di Vercelli; ma una struttura fortificata, che tuttavia poteva esistere, non è attestata se non molto piú tardi, nel XVII secolo. Secondo il Cenisio infatti (Cenisio 1957, p. 97), "il castello fu costruito dai Tizzoni come residenza di campagna nel 1613, quando il luogo aveva già contato diversi passaggi feudali, finendo senza amministratori propri sotto la diretta giurisdizione del Comune di Vercelli". Appare dunque possibile che la residenza seicentesca sia il risultato della trasformazione di una costruzione preesistente. Anche il Casalis riferisce del castello: "questo villaggio era munito anticamente di un castello di cui si veggono ancora le vestigia nel luogo ove sorge un grandioso edificio che appartiene al conte generale Maffei. Il castello è completamente distrutto e sulla sua area è stata costruita da oltre cinquant'anni un'azienda agricola" (Casalis 1833-57, vol. XIV, p. 387).

Comune di Costanzana

Costanzana [72]

Tipo: castello.

Localizzazione: Comune di Costanzana, nel centro abitato.

Superficie: non determinabile.

Attestazione: 1204 (Avonto 1980, p. 256).

Il toponimo di Costanzana, che deriverebbe dal personale romano Constantius, è citato per la prima volta in una donazione dell'imperatore Federico I del 1152 a favore del vescovo di Vercelli. La Chiesa vercellese concede successivamente investiture del luogo a vari piccoli domini del vicino centro di Trino, dai quali un certo Vercellino Ianuense, cittadino vercellese, ben presto pare acquisti la signorìa dell'intera località che passa agli eredi, detti poi de Constanzana. Nel 1204 alcuni atti relativi ad acquisti di beni nel luogo sono stilati in castro Costanzanae, attestando per la prima volta la presenza del castello, probabilmente esistente da qualche decennio (Avonto 1980, p. 256). Nel 1223 il canonico di S. Eusebio Salimbene de Torcello acquistò dai signori di Costanzana ogni loro diritto e possedimento in castro villa et territorio Constanzane, per conto del cardinale Guala Bicchieri, dal quale per donazione, con riserva di usufrutto, passarono all'abbazia di S. Andrea nel 1224 e, agli effetti del testamento, nel 1227 alla morte del Bicchieri, entrarono a far parte definitivamente dei dominî abbaziali. Nel 1244, durante le lotte di fazione fra guelfi e ghibellini vercellesi, sappiamo che i castelli di Costanzana, S. Germano, Alice e Viverone, tenuti dall'abbazia, vennero ceduti ai ribelli Bicchieri, famiglia ghibellina in lotta con il Comune dominato dai guelfi, dall'abate Tommaso Gallo, che fornì anche materiali e aiuti per fortificare e munire i detti castelli contro Vercelli. Del castello, certamente non di poco conto, si hanno notizie ancora alla fine del XV e agli inizi del XVI secolo, quando già aveva perduto la funzione difensiva e militare per l'adattamento dei fabbricati ad uso agricolo. Un documento del 1506 attesta che in quel tempo il castello era ancora munito di fossato e di ponte levatoio e la sua custodia era affidata ad agenti dell'abbazia di S. Andrea (Avonto 1980, p. 259). Pochissimo resta oggi di questa importante fortificazione (Ordano 1966; Conti 1977, p. 149; Ordano 1985, p. 114), se non poche tracce dei muri di cortina a base scarpata, una torricella cilindrica, e il nome della &laqno;via del castello» nella toponomastica locale. L'interesse del sito è quindi ormai soprattutto archeologico.

Saletta ]73]

Tipo: castello.

Localizzazione: Comune di Costanzana, frazione Saletta, nell'abitato.

Superficie: non determinabile.

Attestazione:1272 (Panero 1985, p. 27).

Saletta è citata per la prima volta in un documento del marzo 1143, con il quale Corrado di Casorzo e i suoi due nipoti vendono a Gervasio Russo la quarta parte di Saletta e la metà di tutti i loro possedimenti nel suddetto territorio (Avonto 1980, p. 259). Successivamente Saletta è ricordata in un diploma di Federico I Barbarossa del 1152 (Ordano 1985, p. 226). Con atto del 28 aprile 1258 Saletta, come conseguenza di una divisione dei beni da parte di Martino, Guglielmo e Ranieri di Saletta, diviene possedimento di quest'ultimo. Secondo un documento del 22 novembre 1272, Ranieri, essendo entrato nella congregazione degli Umiliati, donò al monastero di S. Martino di Lagatesco tutti i beni di Saletta, compreso il castello. Il monastero, a sua volta, vendette tutti i possedimenti di Saletta all'abbazia di S. Andrea. Questo è anche il primo documento che attesti l'esistenza del castello di Saletta, anche se, probabilmente, la fortificazione esisteva già nel secolo precedente (Avonto 1980, p. 260). Secondo alcune dichiarazioni risalenti al 19 agosto e 1 settembre 1310, da parte di uomini di Saletta, l'abbazia di S. Andrea non era l'unica proprietaria di Saletta: essa, infatti, ne possedeva sette parti, mentre una parte era di proprietà della mansione dei cavalieri gerosolimitani di Morano (Avonto 1980, p. 260). Papa Sisto IV, con una bolla del 6 marzo 1481, concesse Saletta al marchese di Monferrato, con l'obbligo di un censo annuo di 100 scudi verso l'abbazia di S. Andrea. Il territorio passò successivamente ai duchi di Mantova e Monferrato e, infine, il duca Ferdinando investì la famiglia Ponzone di Milano dei beni di Saletta. Nel 1625 Ruggero Ponzone cedette Saletta al marchese Giovanni Francesco Mossi e nel 1829, in seguito all'estinzione della famiglia Mossi, Saletta passò, per successione ereditaria, ai Pallavicino (Ordano 1985, p. 228). L'antico castello di Saletta è oggi notevolmente trasformato. La torre quadrangolare, costruita sul lato meridionale dell'antico recinto, su cui è stata edificata una loggia, ha ormai perso le sue caratteristiche di opera fortificata. Sul lato occidentale si erge un'altra torre, a base quadrata, nella quale si aprono alcune finestre adattate a piombatoie. Il muro della parte settentrionale presenta dei caratteristici fregi a dente di sega (Ordano 1966; Conti 1977, p. 150; Ordano 1985, p. 227).


Torrione [74]

Tipo: castello e ricetto.

Localizzazione: Comune di Costanzana, frazione Torrione.

Superficie: 5500 mq.

Attestazione: 1309 (Avonto 1980, p. 260).

Anticamente il luogo, denominato Plancheta, dovette appartenere alla Chiesa di Vercelli ed è citato per la prima volta nel 1172 (Panero 1985, p. 19). "Nel 1195 un certo Uberto de Plancheta giurò l'abitazione in Vercelli, divenendone cittadino" (Ordano 1985, p. 265). Nel 1240 Uberto di Saletta e i suoi figli sono denominati signori di Saletta e Planca. A seguito di varie donazioni all'abbazia di S. Andrea da parte dei domini, nel 1309 due parti di Planchetta divennero proprietà della predetta abbazia, una alla mansione gerosolimitana di Morano ed una al conte Antonio di Langosco (Avonto 1980, p. 260). Il toponimo Torrione entra nell'uso corrente nel XV secolo, derivando dalla fortificazione esistente nel luogo o da un suo ampliamento (Avonto 1980, p. 255), poiché il castello (castrum Planchete) è attestato dal 1309 e la parte spettante ai Langosco è definita mota, sive recetum dicti comitis (Avonto 1980, p. 260), restituendo un quadro della situazione delle opere fortificate un poco piú complesso e articolato di quanto oggi possa apparire. E' al XVII-XVIII secolo che dovrebbero risalire gran parte delle costruzioni militari che trasformarono, probabilmente, la parte centrale dell'antico castello in una moderna fortezza a pianta quadrangolare, dotata di batterie (ancora percorribili) e di un vasto fossato. In quell'epoca Torrione si trova infatti in un'area particolarmente delicata, sul confine fra il Monferrato e il Vercellese, e molto prossimo alle piazzaforti di Trino e di Casale, al centro di importanti eventi bellici. Delle fortificazioni originarie rimarrebbero le mura di base e il fossato (Ordano 1966; Conti 1977, p. 150), ampiamente ristrutturato per le nuove esigenze difensive; mentre il corpo centrale, con le batterie, le riservette e la piazza d'armi, appare come costruzione totalmente attribuibile al XVII-XVIII secolo. Il complesso, in completo abbandono, meriterebbe di essere studiato e rilevato quale esempio ancora ben conservato di architettura militare. Non appaiono per nulla soddisfacenti le attuali conoscenze sull'evoluzione del sito, del quale non sono documentate né le antiche né le piú recenti trasformazioni.


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