Località fortificate
della
Provincia di Vercelli
(G)
I testi qui raccolti sono tratti dai volumi: Luoghi fortificati fra Dora Baltea, Sesia e Po. Atlante aerofotografico dell'architettura fortificata sopravvissuta e dei siti abbandonati. La presente edizione è liberamente scaricabile per uso privato, ogni altra utilizzazione a carattere pubblico, dell'intero testo o di parti di esso, comprese le illustrazioni, deve essere preventivamente autorizzata.
archeovercelli.it
Comune di Tronzano
Tronzano [106]
Tipo: castello.
Localizzazione: non precisabile.
Superficie: non determinabile.
Attestazione: forse 1256, certo 1299 (Panero 1985, p. 27).
Il territorio di Tronzano ha restituito vari oggetti di epoca romana (Viale 1971, p. 65); della località di &laqno;Tronzano Superiore» è fatta menzione per la prima volta nel 969 e dal documento si deduce l'esistenza di due borghi aventi lo stesso nome ricordati, infatti, nel 999 (Panero 1985, p. 23; Sabarino Burbello 1982, p. 17) come Tronzano et altero Tronzano, fra le terre donate in quell'anno da Ottone III alla Chiesa di Vercelli. Nel 1188 i domini di uno dei due borghi giurarono l'abitazione in Vercelli e altre sottomissioni al Comune si ebbero nel 1194 (Sabarino Burbello 1982, p. 18; Avonto 1980, p. 192). Verso la fine del 1246, o l'inizio del 1247, i due borghi di Tronzano, tenuti in feudo dai Bazano, subirono l'assalto dei guelfi vercellesi e furono quasi completamente distrutti. Solo Tronzano Superiore, di cui sopravvive la parrocchiale di S. Pietro, fu probabilmente in parte risparmiato. La distruzione degli abitati e il conseguente spopolamento delle terre portò alla fondazione del borgo franco nel 1256. Con tale atto i due antichi centri vennero definitivamente abbandonati: &laqno;dagli uomini degli stessi luoghi sia fatto un solo borgo franco, tra i due luoghi predetti, intorno alla chiesa di S. Martino», e le terre, prima suddivise, vennero dichiarate comuni. Il decreto del Comune di Vercelli del 15 febbraio 1256 precisava che la costruzione del nuovo borgo si dovesse compiere entro il 1258 e agli antichi signori era fatto divieto di costruire alcuna nuova fortezza o casale attorno &laqno;alle castella» esistenti (Sabarino Burbello 1982, p. 23), dal che si dedurrebbe la presenza di due luoghi fortificati almeno preesistenti alla fondazione del borgo franco. Di tali antiche fortificazioni non si hanno tracce concrete, esse sono evocate forse dalla denominazione di &laqno;castello» ad una residenza del luogo (Sabarino Burbello 1982, p. 104), che tuttavia potrebbe aver assunto piú tardi tale definizione e, certamente, dalla presenza della famiglia de Castello, attestata nel luogo fin dal 1234 (Sabarino Burbello 1982, p. 26 e p. 86). Il toponimo della cascina &laqno;il Cristo», detta anche "Torrion dei Ghibellini" (Sabarino Burbello 1982, p. 19 ), situata a notevole distanza dall'abitato, potrebbe avere attinenza con una effettiva fortificazione del sito in territorio di Tronzano, ma non esistono elementi che, come altrove, confortino l'ipotesi. Non è comunque possibile, allo stato attuale delle conoscenze, localizzare con certezza le fortificazioni anteriori al borgo, la cui esistenza appare del tutto plausibile assai prima dell'attestazione documentaria. La presenza, comunque, di due centri abitati abbandonati e le tracce di frequentazione del luogo in epoca romana, rendono l'area (purtroppo non sicuramente identificabile) di notevole interesse archeologico.
Comune di Bianzé
Bianzé [107]
Tipo: abitato fortificato.
Localizzazione: Comune di Bianzé, nel nucleo storico del centro abitato.
Superficie: (del nucleo antico) non determinabile.
Attestazione: 1335, ma certo anteriore (Garione 1929, p. 4).
Del luogo, che ha restituito tracce di occupazione
di epoca romana (Garione 1929, p. 4, Viale 1971, p. 53), si fa menzione
per la prima volta nel 1159 (Panero 1985, p. 13) e compare con il toponimo
Blanzay fra i possedimenti del ricco monastero di S. Genuario di Lucedio
(Cancian 1975, p. 63). Bianzé fu per molto tempo sotto la dominazione
dei Tizzoni di Rive, anche se una parte del territorio era tenuta dalla
potente famiglia vercellese dei Bicchieri. Il borgo doveva essere già
fortificato nel 1335 ed è assai probabile che lo fosse anche in precedenza.
Nel 1362 le mura furono completamente distrutte nella guerra fra il marchese
del Monferrato e i Visconti ed esse furono fatte ricostruire dal marchese
Teodoro del Monferrato, entrato in possesso del territorio, nel 1387. Un
gruppo di case posto a ovest dell'abitato conserva il nome di cittadella
(Garione 1929, pp. 4-6). Il tracciato della cerchia muraria e dei bastioni,
che hanno sostituito il piú antico recinto fortificato, è
ancora rilevabile nell'impianto quadrato dell'abitato e nel profondo fossato
che lo circonda (Dionisotti 1861, p. 82).
Carpeneto [108]
Tipo: castello.
Localizzazione: Comune di Bianzé, frazione Carpeneto, nel centro abitato.
Superficie: non determinabile.
Attestazione: 1299 (Panero 1985, p. 27).
Di Carpeneto si ha notizia per la prima volta nel 1179 (Panero 1985, p. 14), quando viene citata, insieme con Bianzé, come località autonoma e come confine dei possedimenti di Leri. La presenza di una fortificazione è attestata dal 1299, ma di essa nulla oggi è visibile. Solo un'area dell'abitato conserva la denominazione di &laqno;castello» nella tradizionale toponomastica locale.
Torrone dei banditi [109]
Tipo: castello o fattoria fortificata.
Localizzazione: Comune di Bianzé, nella zona delle attuali cascine Stroppei e Ariotta.
Superficie: non determinabile.
Attestazione: 1688.
Di una "Grangia e castello del Torrone" non si ha alcuna notizia documentaria e l'unica fonte che testimoni la sua esistenza è una stampa conservata presso l'Archivio di Stato di Vercelli, datata al 1688, dove essa compare, insieme con altre cascine, in una zona al confine fra i territori di Bianzé e di Carpeneto. Da un esame della cartografia territoriale attuale, dai riferimenti topografici e attraverso l'analisi dei toponomi ancora esistenti, si è ritenuto di individuare la località in un'area prossima alle attuali cascine Stroppei e Ariotta, dove, ancora alla metà del XIX secolo, era la cascina "Torrone dei Banditi", lasciando a successivi approfondimenti il compito di meglio chiarire l'origine e la funzione della struttura fortificata.
Comune di San Germano
San Germano [110]
Tipo: castello.
Localizzazione: Comune di San Germano, al centro dell'abitato.
Superficie: non determinabile.
Attestazione: 1219 (Panero 1985, p.27).
La presenza di un castello a San Germano è documentata per la prima volta in una carta dell'abbazia di S. Andrea di Vercelli datata 11 febbraio 1219 (Panero 1985, p.27), riguardante la donazione del fortilizio fatta dal celeberrimo cardinale Guala Bicchieri alla stessa abbazia, al cui priore Tommaso giurarono fedeltà i Sangermanesi nel 1224 (Opezzo 1927, p. 10). Era quindi certamente la famiglia Bicchieri a possedere il feudo di San Germano (Nigra 1876, p. 225), citato per la prima volta in un atto di cessione tra fratelli del 1071. Non è quindi certo da escludere, anche se non documentato, che la costruzione del castello risalga al secolo XI e che ad erigerlo siano stati proprio i Bicchieri. Nel castello di San Germano, che quindi doveva già essere importante, pare sia avvenuta, alla morte del vescovo di Vercelli Ugo, l'elezione del suo successore Giacomo da Carnario, legato da profonda amicizia con il cardinale Guala, e che proprio qui stabilì la sua dimora finchè, ritenutosi piú sicuro a Santhià, non vi si trasferì (Caligaris p. 14). Nel 1243, allorché il Comune di Vercelli, con il noto acquisto tramite il legato pontificio cardinale di Montelongo, divenne proprietario dei luoghi posti sotto la giurisdizione vescovile, Pietro Bicchieri, nipote del cardinale Guala, grazie alla complicità dell'abate di S. Andrea, si impadronì del castello di San Germano e, rinforzatolo, lo usò come solida base per i suoi attacchi contro Vercelli (Conti 1977, p. 186), tanto che si meritò il 10 luglio 1243 un bando del podestà vercellese perchè guarnivit et munivit Castra Sancti Germani et Alicis et Viveroni et Ropoli et Azelii contra honorem Comunis Vercellarum (Mandelli 1857, I, p. 256); nel 1246 il castello era quindi pieno di abitanti fuoriusciti da Vercelli (Opezzo 1927, p. 10). Dato però il grande interesse strategico del forte, che dava la possibilità di controllo su vie di grande importanza verso Ivrea e Torino, il Comune di Vercelli non lesinò gli sforzi per riconquistarlo e riuscì nel suo intento pochi anni dopo grazie anche alla corruzione di un sangermanese, tale Pietro da Rifferio (Ordano 1966). Fino alla fine del Trecento San Germano, per le sue caratteristiche e la sua posizione, ebbe una parte rilevante negli scontri tra guelfi e ghibellini, numerosi e aspramente combattuti. Nel 1377 venne infeudato del luogo Giovanni Fieschi, che però pochi anni dopo fu imprigionato nel castello di Biella, dove risiedeva, dai Biellesi stanchi delle sue vessazioni (Nigra 1876, p. 226). I Sangermanesi, caduta l'autorità alla quale avevano giurato fedeltà, trovarono maturi i tempi per fare dedizione a casa Savoia e con atto del 30 maggio 1377 gli si sottomettevano. Iniziò quindi una poderosa opera di fortificazione del luogo, che nel 1476 venne duramente messo alla prova da Galeazzo Maria Sforza, il quale assediò il paese con l'obiettivo di sfruttare una confusa situazione politico territoriale tra Savoia e re di Francia per espandere il suo dominio al di qua della Sesia. Solo il 22 novembre, dopo circa due mesi di assedio, le truppe dello Sforza riuscirono ad occuparlo, le cronache sono discordi se con le armi o con la resa (Rollone 1899, pp. 5-6). Questo è probabilmente l'ultimo episodio che vede protagonista il castello di San Germano, che nel gennaio del 1554 è in grave decadenza e che non sarà sottoposto agli adeguamenti necessari (Conti 1977, p.186). Successivamente, nel XVII secolo, il luogo venne trasformato in una poderosa piazzaforte (Ordano 1985, p. 252). Del castello tutto ciò che rimane è quello che potrebbe essere stato il mastio (Ordano 1966), adibito ora a torre campanaria. Tralasciando la recente apertura alla base, a mezza altezza sono ancora visibili i segni di una porta, che era l'unico ingresso collegato con il resto della fortificazione da un piccolo ponte levatoio, e il Caligaris riferisce, nel 1966, che fino a pochi anni prima si potevano vedere in un muro a lato della torre i segni, ora scomparsi, di un ponte levatoio (Caligaris 1966). Il Conti ritiene invece che l'avanzo possa essere la torre angolare del castello (Conti 1977, p.186).
Comune di Desana
Desana [112]
Tipo: castello.
Localizzazione: Comune di Desana, nel centro abitato.
Superficie: 1700 mq.
Attestazione: 1002 (Panero 1985, p. 26).
L'origine romana del toponimo (da fundus Decianus) è avvalorata da importanti ritrovamenti archeologici (Viale 1971, p. 59 e p. 71) e il luogo è menzionato per la prima volta nel 996 come "Desana vecchia" (Panero 1985, p. 16). Un diploma di Arduino del 1002, con il quale viene confermata la curtem Desianam [...] cum castro et capellam ibidem consistentem a Cuniberto (Settia 1984, p. 186 nota 155), preposto della Chiesa di Vercelli, attesta che già allora esisteva il castello, ancora ricordato in un atto del 1142, con il quale Tizzone dei Tizzoni disponeva che sua moglie godesse dell'usufrutto di alcuni suoi beni a Desana (Ordano 1966; Ordano 1985, p. 128), e che la località rivestiva importanza notevole essendo una corte. Durante la guerra fra Galeazzo Visconti e Giovanni II Paleologo, nel 1357, il castello di Desana venne occupato dai confederati, che vi svernarono. Feudo dei Tizzoni fino al 1683, passò poi ai Solaro e alla famiglia Rosazza, che ne curò la ricostruzione, mantenendo la pianta originale ma deturpandone gli alzati (Conti 1977, p. 153). Una interessante relazione del 1822, esistente nell'archivio parrocchiale di Desana, descrive il castello e ricorda il grande fossato che lo circondava racchiudendo anche tutto il borgo. Tali imponenti opere di fortificazione furono ordinate da Giovanni Agostino Tizzoni nel 1567 (Avonto 1980, p. 250). Attualmente il castello, che conserva l'impianto originario quadrangolare con torri angolari cilindriche, è stato ristrutturato ed adibito in parte ad abitazione civile. Lo stato di conservazione è buono e il sito ha tuttora notevole interesse archeologico.
Comune di Ronsecco
Ronsecco [113]
Tipo: castelli.
Localizzazione: Comune di Ronsecco, nella zona meridionale del centro abitato.
Superficie: 1500 mq.
Attestazione: XIII-XIV, il piú antico, e fine XIV il piú recente (Ordano 1966).
Le origini di Ronsecco sono alquanto misteriose: è verosimile pensare che il primo insediamento sia sorto nei pressi della chiesa del Viri Veri, attestato, secondo il Panero, dal 999 (Panero 1985, p. 20). Il ritrovamento di alcuni ruderi di costruzioni nei pressi della cascina Rondolina ed il dislivello del terreno, fanno pensare che il paese sia stato edificato sulle rive dell'Ariatello e che la chiesa di Viri Veri fosse l'antica parrocchiale. Nel 1700, comunque, il luogo era già ridotto a cantone: infatti, in una visita pastorale del 13 maggio1748, si parla della chiesa &laqno;del cantone di Viriverio» (Dattrino 1992). Il toponimo di Ronsecco sarebbe già citato, secondo il Dattrino, in un diploma del 9 ottobre 707, nel quale Ariperto II, re dei Longobardi, pose sotto la podestà del vescovo di Vercelli Emiliano l'abbazia di San Genuario ed i suoi territori fino al confine di Ronsecco (Dattrino 1992). Il toponimo sarebbe composto da &laqno;ronco» e &laqno;secco», giunto a noi in forma sincopata, e il suo significato è &laqno;luogo incolto, terreno arido» (AA.VV. 1991, p. 554). Nel diploma del 7 maggio 999, riguardante la donazione di alcuni territori alla Chiesa di Vercelli da parte di Ottone III, e in alcuni documenti imperiali analoghi dell'XI-XII secolo, Ronsecco è citata soprattutto nella forma Ronchum Sicum (Ordano 1985, p. 209). Il nome di Ronsecco è poi ricordato in un diploma del 17 ottobre 1152 dell'imperatore Federico Barbarossa in favore del vescovo Uguccione. Quest'ultimo, nel 1160, fece spostare il centro di Biella dal piano all'altura del Piazzo e, quasi certamente, fu sempre lui a spostare Ronsecco nell'attuale luogo (Settia 1984, p. 333; Ordano 1985, p. 210). Nel XII secolo la famiglia Bondonni (o Bondonis) era una delle piú importanti di Vercelli; il 18 giugno 1181 Guala, divenuto vescovo alla fine del 1170, cedette Ronsecco al proprio genitore Jacopo Bondonis (Dattrino 1992). Sotto la signoria dei Bondonni, che durò fino al 1560, furono edificati due castelli: il primo probabilmente tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo; il secondo, di cui sono visbili i resti, forse verso la fine del XIV secolo (Ordano 1985, p. 212). Nel 1467, durante la guerra di Gattinara, fra i Savoia e Galeazzo Maria Sforza, i due castelli furono al centro di importanti operazioni militari (Ordano 1966). Dopo la famiglia Bondonni si succedettero nella signorìa del luogo le famiglie Ghisleri, Braida, Parato e, in seguito, nel 1724, i Lafranchi di Chieri. Nel 1701 la località di Ronsecco fu creata comune e in seguito fece parte dei beni della mensa arcivescovile di Vercelli (Dattrino 1992). Del piú antico dei due castelli non è rimasta ormai alcuna traccia, mentre del secondo, edificato accanto al piú antico, sono ancora visibili le vestigia della base del suo muro di cinta. Il complesso si sviluppava secondo una pianta quadrata (Ordano 1966; Ordano 1985, p. 212), le strutture superiori sono andate distrutte ed in parte sostituite da recenti costruzioni. Poco distante da Ronsecco è situata, inoltre, la cascina Castellazzo, forse appartenuta ai Tizzoni, nella quale si trova l'antico oratorio pubblico di Santa Teresa (Archivio della Curia arcivescovile di Vercelli, visite pastorali).
Castellazzo di Ronsecco [114]
Tipo: castello.
Localizzazione: Comune di Ronsecco, a sud est dell'abitato, sulla riva sinistra della roggia Mussa.
Superficie: non determinabile.
Attestazione: non attestato.
Il toponimo "castellazzo", assai significativo, è rimasto alla cascina che si trova sulla riva della roggia Mussa. Ancora nel catasto attuale una piccola area del cascinale conserva la denominazione &laqno;castello», facendo apparire chiaramente la presenza di una fortificazione nel luogo, successivamente abbandonata e in disuso, la quale diede alla zona la tipica denominazione di &laqno;castellazzo». Nessun documento noto fa riferimento a questa località fortificata, che tuttavia ha lasciato traccia nelle leggende locali, avvedutamente raccolte dall'Ordano (Ordano 1966; Ordano 1985, p. 212). Esse fanno menzione del &laqno;castellazzo» come luogo abitato da gente malvagia, distrutto poi dai Tricerresi con l'aiuto dei soldati di Vercelli. La fortificazione del &laqno;castellazzo» si inserisce quindi nella questione costituita dalla probabile contemporanea presenza di almeno due luoghi fortificati in territorio di Ronsecco, fatto che porterebbe a ipotizzare l'esistenza di una pluralità di diritti sulla zona, peraltro non attestata dalle fonti. L'area conserva interesse esclusivamente archeologico.
Comune di Tricerro
Tricerro [115]
Tipo: castello.
Localizzazione: Comune di Tricerro, a nord est dell'abitato.
Superficie: non determinabile.
Attestazione: 1225, ma certo anteriore (Panero 1979, pp. 138-140).
Il fitotoponimo "Tres cerros" dovette indicare uno dei villaria facenti parte della corte Auriola, della quale il Comune di Vercelli entrò in possesso allodiale nel 1202, in seguito alla cessione effettuata dai marchesi di Monferrato. Nel 1218 il Comune iniziò la creazione del borgo franco di Tricerro con la costituzione ex novo del borgo che, probabilmente, provocò l'abbandono dell'antico abitato adiacente e del preesistente centro fortificato, dell'esistenza dei quali si ha notizia indiretta dai toponimi Villaro e Castellazzo, o Castellario, citati nei documenti riguardanti il borgo (Panero 1979, pp. 138-140). Lo sviluppo del nuovo centro lungo un asse stradale antico, denominato strata dai documenti del 1225, è comprovato dal toponimo della cascina Settime (Ad Septimum), attestato ad un migliaio di metri a nord dell'abitato. I territori circostanti hanno restituito, infatti, due interessanti insediamenti con edfici a corte, uno a poca distanza dalla cascina Settime in regione Ciapèli (Borla 1982, p. 87), l'altro, alla distanza di due chilometri ad ovest del paese, in regione le Verne (Borla 1982, p. 89). La datazione dei due impianti, resa difficile dalle condizioni dell'esplorazione e dai limiti delle tecniche usate, spazia dall'epoca romana imperiale al tardo antico. La presenza, su di un'area limitata, di un così fitto e cronologicamente ampio tessuto di insediamenti, rende la zona di Tricerro un insostituibile campione per lo studio delle dinamiche del popolamento rurale nel basso Vercellese, fra antichità e medio evo. La topografia del borgo franco (Panero 1979, p. 139, fig. 8) non appare molto mutata dal XIII al XIX secolo, il fossato perimetrale, il fossatum ville, è fedelmente ricalcato dalla mappa catastale francese che riporta, così come i documenti fra 1225 e 1230, alcuni sedimi ubicati in Castellario a nord est dell'abitato e in Villaro a nord ovest dell'abitato. Infine, nella mappa del catasto francese è ancora visibile una torre in località "Castellazzo", presso la roggia Molinara (Panero 1979, p. 138, nota 85). L'antica chiesa di S. Giorgio, esterna al perimetro del borgo franco, è probabilmente da connettersi alle presenze piú antiche nell'area nord est. L'interesse della località risulta ormai prevalentemente archeologico e lo sviluppo degli studi sull'antico luogo fortificato, certamente anteriore alla creazione del borgo franco, appare legato all'impostazione di specifiche ricerche di superficie.
Comune di Fontanetto Po
Fontanetto Po [116]
Tipo: castello.
Localizzazione: non precisabile.
Superficie: non determinabile.
Attestazione:1263 (Panero 1985, p. 27).
"Fontanetto vecchia" è già nominata in un documento del 1000 (Panero 1985, p. 16); la località dipendeva dall'abbazia di Fruttuaria e castello e feudo, secondo il Casalis, erano tenuti nel secolo XII dalla famiglia Ranzi (Casalis 1840, VI, p. 736). Nel 1263 è attestata la presenza di un castrum in un documento, stilato appunto in castrum Fontaneti, di consegnamento di beni dell'abbazia di S. Genuario, alla quale spettava un appezzamento situato nel recinto fortificato (Cancian 1975, pp. 101-102). Nel 1323 il marchese Teodoro di Monferrato ordinava la fortificazione del luogo di "Fontanetto nuova" (Cancian 1975, p. 148 sgg.; Busnengo 1987), definita sine fortaliciis. Evidentemente l'antico castrum doveva essere ormai inadeguato e dalla presenza di una domus murata degli Advocati, mantenuta nel nuovo circuito di mura, è possibile ritenere che esso possa essere stato inglobato nel perimetro del nuovo borgo.
Comune di Crescentino
San Genuario [117]
Tipo: castello.
Localizzazione: Comune di Crescentino, frazione San Genuario.
Superficie: 400 mq.
Attestazione: 1422 (Ordano 1966).
La storia del castello e della frazione di San Genuario è legata a quella dell'abbazia di Lucedio. L'antichità del luogo sarebbe attestata dalle sei pietre miliari che erano sul sagrato della chiesa, oggi conservate al Museo Leone di Vercelli (Roda 1985, p. 108, p. 110, p. 114). Sulla porta d'entrata della fortificazione, inoltre, è murato un frammento di lapide romana in cui sono leggibili, con ottima grafia, le lettere "AULIO". Gauderio (o Gaudenzio o Gauderi), generale di Ariperto II, sedicesimo re dei Longobardi, fondò, secondo un diploma del 9 ottobre 707, un monastero detto di San Michele di Lucedio e ne fu creato abate dal vescovo di Vercelli Emiliano II (Ogliaro 1976, p. 17). Lotario I, nell'843, donò all'abbazia il corpo di San Genuario e da allora la chiesa ed il villaggio presero quel nome. Il 19 febbraio 840, comunque, Lotario donò al vescovo di Novara l'abbazia di Lucedio già denominata di San Genuario (Ogliaro 1976, p. 18). Dopo diverse controversie con i Crescentinesi e i Fontanettesi, e dopo le guerre tra guelfi (S. Genuario) e ghibellini (Crescentino), i monaci si ritirarono a Verrua fino al 1364, anno in cui, per mezzo dell'abate Bartolomeo, si riappacificarono con i Crescentinesi. Per intercessione del cugino, l'abate Antonio Tizzoni, Giacomo Tizzoni, conte di Crescentino, il 5 settembre 1419 ottenne da papa Martino V la cessione di metà del territorio di San Genuario a condizione che vi edificasse un castello per la difesa del monastero. L'investitura avvenne il 23 aprile 1422 (Ordano 1985, p. 243). Secondo una pergamena inedita i monaci non furono felici dell'investitura del Tizzoni ed ebbero addirittura delle controversie con lui, tanto che, per un certo periodo, rifiutarono il tributo annuo di 25 libbre di cera. Il Tizzoni fece costruire il castello probabilmente sulle rovine di una antica fortezza distrutta nel 1319 da Riccardo Tizzoni e dai Crescentinesi (Ordano 1966; Avonto 1980, p. 224). La casata Tizzoni dominò fino al 1592, anno in cui il duca Emanuele Filiberto di Savoia ricondusse il feudo in mano regia (Ordano 1985, p. 245). Il 30 maggio 1601 il feudo passò alla signoria del procuratore generale Molino di S. Marco, nobile veneziano. Il Molino, con atto del 14 luglio 1626, cedette il feudo al marchese Ascanio Bobba (Avonto 1980, p. 227). Ad Ascanio succedette il figlio nel 1640 e a quest'ultimo Maria Giovan Battista Saluzzo Bobba, che portò in dote il feudo al marchese Della Rocca Gaspare Maria Ludovico Morozzo. Il 9 febbraio 1722 Re Vittorio Amedeo II di Savoia concesse il feudo al Morozzo, che impose ai Sangenuariesi un suo statuto (o "bandi campestri") (Avonto 1980, p. 227). Agli inizi del XIX secolo i beni del Morozzo, compreso il castello, passarono al banchiere Giani e da questo al cavalier Gonella. Nei primi decenni del nostro secolo la famiglia Garella, proprietaria del castello, lo adibì a moderna azienda agricola, facendo edificare nel suo ampio cortile alcuni fabbricati tuttora esistenti che, pur essendo costruiti &laqno;in stile», mostrano un forte contrasto con il resto del castello (Avonto 1980, p. 229). Dopo ulteriori passaggi di proprietà, agli inizi degli anni ottanta il castello passò al signor Candido Mosca di Crescentino, che ne è l'attuale proprietario. Apparentemente il complesso sembra ben conservato: in passato non deve aver subito gravi attacchi e quindi, a differenza di altri castelli, ha mantenuto praticamente intatta la struttura esterna (Conti 1977, p. 87). La stessa cosa non si può dire della struttura interna. I grandi saloni, sparsi sui tre piani, furono tramezzati per ricavarne delle stanze, adibite, durante la seconda guerra mondiale, ad alloggi per gli sfollati. Quasi certamente il castello era circondato da un fossato; una pergamena inedita parla, infatti, di una riunione svoltasi in una stanza del castello che dava sul fossato. Su di un muro esterno è ancora distinguibile una apertura, in seguito murata, molto alta e larga circa un metro, che potrebbe costituire un ingresso. La torre cilindrica, ben conservata, è unita alla rocca da un breve tratto di cortina e presenta una ininterrotta serie di beccatelli. Sia la rocca che la torre sono dotate di apparato a sporgere (Conti 1977, p. 86). I merli della torre sono stati murati e il camminamento che unisce la rocca alla torre è stato tramezzato. In un cascinale all'esterno del castello, su di una parete, si può vedere un affresco ormai quasi completamente rovinato da alcune finestre aperte successivamente. Grazie all'interessamento della famiglia Mosca l'affresco è stato fissato, il tetto del castello rifatto ed i solai, che stavano crollando, sono stati restaurati. L'interesse architettonico del complesso, che abbisognerebbe di una complessiva risistemazione, è notevole, e così pure l'interesse archeologico dell'area.
Castellum Vallacii [118]
Tipo: castello.
Localizzazione: Comune di Crescentino, frazione S. Maria, località non identificabile.
Superficie: non determinabile.
Attestazione: XIV secolo (Ogliaro 1976, p. 52 nota 235).
L'Archivo Storico Comunale di Crescentino conserva documenti preziosi per la storia del territorio, utilizzati dall'Ogliaro per il suo pregevolissimo studio sulle origini di Crescentino (Ogliaro 1976). Il toponimo "Castellum Vallacii" compare in una relazione sulle strade del territorio, compilata fra il 1388 e il 1797 (Ogliaro 1976, p. 20 nota 41), in territorio dell'attuale frazione S. Maria, situata presso il corso del Po, in direzione di Fontanetto (Ogliaro 1976, p. 52 nota 235), dove, fra la fine del XIX secolo e i primi decenni del XX, avvennero notevoli ritrovamenti di epoca romana (Viale 1971, p. 58). Il toponimo antico attesta in modo inequivocabile la presenza nella località di una fortificazione, fornendo forse anche il nome dei domini loci cui apparteneva e dei quali non è sopravvissuta traccia nelle fonti conosciute. L'esatta ubicazione della fortificazione non è attualmente identificabile, poiché le sue coerenze riguardano toponimi oggi scomparsi. L'area conserva quindi un interesse esclusivamente archeologico.
Castellazzo [119]
Tipo: castello.
Localizzazione: Comune di Crescentino, regione santuario di Santa Maria del Palazzo.
Superficie: non determinabile.
Attestazione: XIV secolo (Ogliaro 1976, p. 43 nota 177).
La presenza di un toponimo "castellazzo" sappiamo essere indice sicuro di una fortificazione ormai in disuso. Il termine compare nella relazione sulle strade del territorio crescentinese già nel XIV secolo, nella forma &laqno;castellacius». Il castello doveva quindi essere assai piú antico e difficilmente identificabile con la bicocha costruita dai Vercellesi nel secolo XIII. La sua esatta ubicazione compare in un disegno topografico del XVIII secolo, nel quale furono esattamente rilevate le fondamenta del piccolo complesso (Ogliaro 1976, pp. 42-43). Il documento, attualmente non piú reperibile presso l'Archivio Storico Comunale di Crescentino, fu, fortunatamente, riprodotto da Mario Ogliaro, che ha gentilmente concesso la pubblicazione in questa sede. Nel catasto attuale di Cresecentino è ancora presente il toponimo "strada del Castellazzo", che conduce al sito un tempo occupato dalle rovine.L'area ha indubbia e notevole rilevanza archeologica, anche per i cospicui ritrovamenti di epoca romana avvenuti presso il santuario e nell'area circostante (Viale 1971, p. 58).
Landoglio [120]
Tipo: castello.
Localizzazione: Comune di Crescentino, cascina Landoglio, sito non identificabile.
Superficie: non determinabile.
Attestazione: XVI secolo (Ogliaro 1976, p. 31 nota 82).
La notevole densità degli abitati, abbandonati probabilmente in seguito alla costituzione del borgo franco di Crescentino nel 1242, è stata posta in luce dal citato studio dell'Ogliaro (Ogliaro 1976), che ricorda la presenza di una fortificazione, denominata con il diffuso toponimo di "castellazzo", in un atto di lite del 1569, riferito dal Durandi. I documenti del XVII secolo danno inoltre notizia di un porto di Landoglio, che consentiva i collegamenti fra Crescentino e il Monferrato (Ogliaro 1976, p. 31, nota 82). Si tratta quindi di una località di una certa importanza, sede di una fortificazione della quale, come spesso accade, non esistono tracce nei documenti medioevali. Anche questa zona ha interesse esclusivamente archeologico.
Crescentino [121]
Tipo: torre.
Localizzazione: Comune di Crescentino, nel centro abitato.
Superficie: 50 mq.
Attestazione: XIV secolo (dalle caratteristiche architettoniche, Avonto 1980, p. 228).
I pareri sull'origine di Crescentino sono sempre stati discordi; alcuni eruditi, infatti, avanzarono l'ipotesi che Crescentino fosse sorta sulle rovine della mansio di Quadrata ed avesse, di conseguenza, origini romane. Dopo le scoperte archeologiche di Del Corno, però, e soprattutto dopo l'identificazione, da parte del Druetti, del sito di Quadrata nelle regioni di Quarino bianco e Quarino rosso, tale ipotesi si rivelò infondata (Ogliaro 1976, pp. 13-16). Il borgo franco di Crescentino, come altri borghi, fu fondato per volere del Comune di Vercelli, ai confini del proprio territorio, anche con scopi di difesa militare (Avonto 1980, p. 221). Nella primavera del 1241 iniziò lo scavo dei fossati del borgo e il 30 marzo 1242 si decretò il completamento del borgo franco e si stabilirono i confini (Giordano Marchese Ogliaro 1992, p. 38). L'atto di costruzione del 30 maggio 1242 stabilì, poi, che tutti, o quasi tutti, gli abitanti dei villaggi circostanti il borgo si stanziassero all'interno del borgo franco stesso (Ogliaro 1976, p. 60). Il 23 marzo 1262 si ebbe una convenzione tra l'abate di San Genuario e la comunità crescentinese sull'uso dei mulini e delle acque di proprietà di San Genuario (Giordano Marchese Ogliaro 1992, p. 38). Tale convenzione stabilì, oltre alla tassa che il borgo doveva pagare a San Genuario, le misure disciplinari sui coloni di Crescentino. Nel frattempo il borgo franco, sottraendosi alla condizione feudale, aveva portato profondi mutamenti nella vita del popolo, quali, per esempio, lo sviluppo delle attività agricole e l'ampliamento dell'abitato e del territorio; ciò aveva causato diverse controversie con i Sangermanesi, i Fontanettesi e gli abitanti di Verrua. Di questa situazione approfittò Riccardo Tizzoni, che, già nominato dall'imperatore Enrico VII, nel 1310, signore di Crescentino, con una convenzione del 7 e 15 aprile 1315 venne riconosciuto signore di Crescentino dai Crescentinesi stessi (Giordano Marchese Ogliaro 1992, p. 38). Il Tizzoni, all'atto della sua nomina, concesse ai Crescentinesi alcune franchigie e stabilì che fosse nominato, ogni sei mesi o una volta all'anno, un podestà che provvedesse all'amministrazione della giustizia; durante tutta la sua signoria, inoltre, Riccardo sostenne le rivendicazioni dei suoi sudditi contro San Genuario per il possesso del territorio delle Apertole, di Devisio e della valle del Serpe (Avonto 1980, p. 224). Il 28 settembre 1335 i Crescentinesi raggiunsero un accordo con i paesi rivali e l'abate di San Genuario, tramite una convenzione, cedette metà del territorio dell'Apertole al borgo franco di Crescentino (Giordano Marchese Ogliaro 1992, p. 38). A Riccardo Tizzoni succedette il figlio Antonio, che il 15 settembre 1345 promulgò gli statuti di Crescentino (Giordano Marchese Ogliaro 1992, p. 38), e a quest'ultimo il figlio Riccardo II che, come i suoi predecessori, continuò a sostenere le richieste dei suoi sudditi al fine di indebolire l'abbazia di San Genuario (Avonto 1980, pp. 224-225). Alla morte di Riccardo II, avvenuta all'inizio del XV secolo, prese possesso di Crescentino il figlio Giacomo che tentò, complice il cugino Antonio, abate di San Genuario, di attribuirsi il titolo di signore di San Genuario, riuscendovi nel 1422. Nel 1427 Filippo Maria Visconti cedette ad Amedeo VIII di Savoia Vercelli e il suo distretto, compresi i territori di Crescentino e San Genuario. Giacomo Tizzoni, però, non volle sottomettersi al principe. Con atto del 27 settembre 1434 l'imperatore Sigismondo eresse Crescentino in contea ed investì del feudo in perpetuo Giacomo Tizzoni e i suoi discendenti; papa Eusebio IV, inoltre, con brevi dell'8 e dell'11 ottobre 1434, confermò al Tizzoni il possesso di San Genuario. Forte di questi riconoscimenti Giacomo Tizzoni resistette con le armi ad Amedeo VIII, ma fu costretto, il 4 gennaio 1435, a sottomettersi e a giurare fedeltà al principe (Avonto 1980, p. 225). Nel 1452, alla morte di Giacomo, gli succedettero i figli Riccardo III (Crescentino) e Giovanni Andrea (San Genuario). Durante la signoria di Riccardo III Tizzoni, Crescentino godette di relativa tranquillità e, grazie ad alcune importanti opere di canalizzazione delle acque irrigue, l'agricoltura locale ricevette un nuovo impulso (Avonto 1980, p. 226). Alla morte di Riccardo III, avvenuta nel 1478, prese possesso del borgo il figlio Giorgio che, essendo minore, fu posto sotto la tutela della madre e dello zio Giovanni Andrea. Quando Giorgio morì, nel 1498, gli succedette lo zio Giovanni Andrea che riunì così le signorie di San Genuario e di Crescentino (Avonto 1980, p. 226). Nel 1501 succedettero a Giovanni Andrea i figli Giacomo II (Crescentino) e Andrea II (San Genuario), che dominarono i loro sudditi in modo estremamente duro. Nel 1521 succedette a Giacomo II il figlio Riccardo IV, che per la sua crudeltà si rese nemici gli abitanti di Crescentino (Avonto 1980, p. 226). Il 14 febbraio 1529 i Crescentinesi, alleatisi con gli abitanti del borgo di Vische, insorsero contro Riccardo IV, uccidendo l'intera famiglia Tizzoni di Crescentino e distruggendo la casaforte ivi costruita e della quale non rimane piú traccia (Ordano 1966). Questo atto suscitò le ire di Giovanni Andrea II, che per vendicare la morte del nipote, saccheggiò Crescentino e fece impiccare diversi Crescentinesi ai merli del suo castello, ignorando la grazia concessa da Carlo II di Savoia ai Crescentinesi il 28 giugno 1529 (Ordano 1985, pp.115-120). Nel 1550 succedette a Giovanni Andrea II il figlio Gerolamo e a quest'ultimo il figlio Carlo Emanuele che, essendo minore, fu posto sotto la tutela della madre. Alla morte di Carlo Emanuele, nel 1573, si estinse la linea dei Tizzoni di Crescentino e San Genuario e il feudo, con atto del 4 dicembre 1573, fu devoluto alla camera ducale. Dopo varie controversie, con atto dell'11 aprile 1607 Marco Curzio dei Tizzoni di Rive fu investito del territorio di Crescentino, ma il 2 maggio 1613, essendo scoppiata la guerra fra il ducato di Mantova e Monferrato ed il ducato di Savoia, il Tizzoni dovette restituire il feudo a Carlo Emanuele I . Il 23 dicembre 1613 il territorio venne, infine, ceduto dal duca di Savoia ai Crescentinesi dietro pagamento di 30.000 ducati (Avonto 1980, p. 227). Il borgo divenne una ben munita piazzaforte sotto il diretto dominio dei Savoia e l'8 agosto 1625 sostenne un lungo assedio da parte degli Spagnoli diretti al castello di Verrua. Nel 1703 Vittorio Amedeo di Savoia si separò dalla Francia per allearsi con l'Austria: ciò causò la dura reazione dei Francesi che, nel maggio 1704, occuparono Crescentino assediandola (Avonto 1980, p. 227). Delle antiche fortificazioni di Crescentino, compresi i seicenteschi bastioni sabaudi e la casaforte dei Tizzoni, non è rimasto oggi piú nulla. Secondo il Dionisotti l'antico castello sorgeva nell'area attualmente occupata dal palazzo comunale (Avonto 1980, p. 228). Tutti i documenti antecedenti la distruzione del castello sono perduti e le carte attualmente conservate nell'archivio, e riguardanti quel periodo, provengono da altri luoghi. L'unica costruzione rimasta è la torre di piazza Vische: le sue origini non sono note, ma, presumibilmente è anteriore al 1420. Secondo un documento, infatti, fu la campana situata in cima alla torre a dare il segnale per la rivolta del 1529, ed essa si trovava là dal 1420. è presumibile che la torre, considerate alcune caratteristiche stilistiche, risalga al XIV secolo (Avonto 1980, p. 228). Essa ha pianta quadrata ed è munita di una porta molto rialzata, alla quale si accedeva tramite una scala. Oggi la costruzione, appartenente al Comune di Crescentino, è in buono stato di conservazione (Conti 1977, p. 150; Avonto 1980, p. 218).
Comune di Saluggia
Saluggia [133]
Tipo: castello, ponte fortificato, abitato fortificato.
Localizzazione: Comune di Saluggia, nel centro abitato.
Superficie: non determinabile.
Attestazione: 1200 (Panero 1985, p. 27).
Saluggia fu sede di pieve nel secolo X e importante luogo di transito già in epoca romana, a giudicare dal tesoretto monetale che vi fu scoperto nel secolo scorso (Viale 1971, p. 63). Feudo della Chiesa vercellese, Saluggia nel corso del secolo XII entrò nell' ambito politico-militare di Vercelli. Con accurate manovre economiche il Comune di Vercelli riuscì a sfruttare strategicamente per lungo tempo la vicinanza della Dora Baltea, grossa fonte di guadagno grazie alle gravose imposizioni fiscali sul transito. "Per rendere agevole l'attraversamento del fiume, i Vercellesi vi costruirono un ponte fortificato che doveva essere già finito all' inizio del 1200, poiché nell' aprile di quell' anno il Comune di Vercelli indennizzava i danni arrecati ai privati durante i lavori di costruzione" (Ordano 1985, p. 232). Il castello era probabilmente tenuto dal comune in feudo dal vescovo, lo si dedurrebbe quando, nel primo decennio del Duecento, la costruzione di una torre de novo nel castello di Saluggia portò ad una discordia fra comune e vescovo, risolta con una sentenza del 1211 (Settia 1984, p. 405). Saluggia fu fonte di molteplici contese fra Vercelli ed il potente marchese del Monferrato, tanto che il ponte dovette essere protetto da una torre, costruita attorno al 1210, e, successivamente, da fortificazioni lungo le rive. Anche l'abitato venne adeguatamente fortificato. Nel corso degli anni il luogo subì diversi passaggi di proprietà; conobbe infatti il dominio visconteo, la signoria dei Tizzoni e quindi quella del marchese del Monferrato, nel 1417. Dal 1440 grande importanza ebbe per il paese una famiglia originaria di Chieri, i Mazzetti. A quel tempo probabilmente il ponte non esisteva piú, anche se il fiume possedeva ancora una notevole importanza economica e strategica. Nell 1631 quando, con il trattato di Cherasco, il territorio passò ai Savoia, il progressivo sviluppo territoriale dello stato sabaudo tolse ogni importanza al passaggio del fiume, rendendo inutili le fortificazioni stesse, che furono smantellate per lasciar spazio all' agricoltura e al rinnovamento edilizio del paese (Ordano 1985, pp. 233-234). Attualmente delle fortificazioni non rimangono che due piccole torri cilindriche: una intonacata, l'altra lascia ancora vedere la struttura originaria in mattoni e pietre. Il cosiddetto "castello", che ancor oggi ospita gli uffici comunali, non è che un tipico esempio di palazzo-castello e venne costruito nel XVI secolo (Ordano 1966; Conti 1977, p. 184). All'estremo limite dell'abitato, verso la Dora, un edificio rustico conserva una bella torricella a pianta circolare. La località, per le importanti e articolate fortificazioni che ebbe nel Medioevo, presenta tuttora un notevole interesse archeologico.